Andrea Belotti

AS ROMA NEWS BELOTTI – C’è Paulo Dybala, sempre pronto a regalare un sorriso, in campo (con i compagni) e fuori (ai tifosi, che lo invocano e gli chiedono di restare a lungo nella Roma e il rinnovo appare ormai scontato); c’è poi El Shaarawy, l’idolo di grandi e piccoli, il Faraone dalla faccia da pupo. Quindi, ecco Solbakken, fermo ai box per noie muscolari, scrive Il Messaggero.

Infine c’è Belotti, che in campo fatica come un mulo e a fine allenamento sale subito sul pullman, telefono in mano, borsetta porta oggetti sul braccio e cuffie nelle orecchie. Lui il sorriso lo ha un po’ smarrito, non è il momento di calarsi tra la gente, lo farà quando tutto andrà meglio, quando e se quella cresta ricomincerà ad alzarsi come la prima volta, quando dedicò un gol al suo amico Juri Gallo; forse ripartirà proprio da qui, stasera (dopo cenni di risveglio nelle amichevoli di Trigoria), nel primo test serio del pre-campionato: all’Estadio Municipal di Albufeira (ore 21 italiane, diretta su Dazn) arriva il Braga, terzo nell’ultimo campionato portoghese, alle spalle di Benfica e Porto.

Il Braga assaggerà la Champions (8/9 agosto, terzo turno preliminare), la Roma la sogna e nella preparazione è solo a metà strada, in piena costruzione, specialmente dell’attacco. Mourinho ha sistemato la difesa, sta lavorando sul centrocampo e ora sogna un bomber da affiancare a Dybala, che si chiami Morata (un sogno) oppure Scamacca (nome più realistico). Ma ne serve uno, prima possibile. Tra i desideri dello Special c’è anche quello di ridisegnare in Belotti quella capacità di fare gol: Andrea, che ne ha segnati 106 in carriera, è lo stesso che lo scorso anno, in campionato, non ne ha fatto nemmeno uno.

Una corsa al contrario. Qualcosa è andato storto, come se dopo il Toro si fosse avventata su di lui una sorta di maledizione. Storto non nel ragazzo, amato da tutta la squadra e dallo stesso allenatore, ma nel calciatore, lontano parente di quello visto da capitano granata, quando viaggiava sempre in doppia cifra, quando era diventato mister cento milioni e forse lì si è esagerato, lo ha ammesso pure Andrea in passato. Il vento del mare che soffia costante da queste parti sa rinfrescare la testa, perché forse il problema del Gallo è proprio lì, ovvero nel non riuscire a riconoscere più le proprie qualità.

L’attacco della Roma lo scorso anno ha sofferto, è stato uno dei peggiori del campionato (area big): la squadra ha chiuso il conto a quota 50, numero inferiore tra le prime sette della classifica, Napoli (77), Lazio (60), Inter (71), Milan (64), Atalanta (66) e Juventus (56). E’ ovvio come il solo Dybala (12 reti in campionato, 5 in Europa League e uno in Coppa Italia) non sia bastato e come non possa bastare in vista della prossima stagione, specie se i suoi compagni di reparto hanno concluso la stagione con 5 reti (Belotti), 9 (Abraham ed ElSha, quest’ultimo spesso ha fatto il terzino), 1 (Solbakken) e 8 se vogliamo includere Pellegrini, che di fatto è un centrocampista, seppur con doti offensive.

E proprio il capitano, con Aouar, saranno chiamati ad andare in soccorso in zona gol. Belotti si sta ricaricando, deve farlo, in silenzio. Zero gol, quel numero gli stona dentro, tra pali colpiti e rigori falliti. Un rimbombo assordante. L’impegno c’è, ma non è sufficiente per uno che sul biglietto da visita ha scritto bomber. L’arrivo di un altra punta dovrà servirgli da stimolo, perché, probabilmente non arriverà un titolarissimo, ma uno con cui può giocarsi il posto e magari riconquistare la Nazionale, persa praticamente dopo la vittoria dell’Europeo.

Se conosce un po’ la storia della Roma, anche quella più recente, sa che in passato ci sono stati calciatori capaci del risveglio in un secondo tempo: da Rizzitelli a Voeller, fino a Dzeko, che dopo il primo anno voleva andare via per la disperazione. Dybala, il suo amico, sta cercando di spronarlo, con quei bei ricordi di quando erano giovani e belli e incantavano in riva al mare di Palermo. Mou ascolta e sì aspetta Andrea, ma pure un altro di livello.



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