Dan Friedkin, Josè Mourinho

AS ROMA NEWS MOURINHO FRIEDKIN – Nel gioco del silenzio e delle distanze, almeno, si stanno allineando. Dan Friedkin non parla mai, Mourinho parla sempre di meno. Non parlano nemmeno tra loro: non risulta che i due si siano confrontati per analizzare il futuro alla Roma, che è stabilito da un contratto fino al 2024 ma non è affatto scontato, scrive il Corriere dello Sport.

Meglio riflettere prima di sentenziare? Così sembra, di qua e di là. Il presidente è in Texas, l’allenatore a Cremona. E’ immaginabile che ieri Mourinho abbia fatto un passo formale, consistente in un messaggio di auguri: Friedkin compiva 58 anni in un angolo nascosto della Terra, ben lontano dalle vicende della squadra. Happy birthday e ci sta. Per il resto non si muove niente, in un rapporto che sembra in linea con il ribasso delle temperature di fine inverno: non gelido ma neppure caldo.

Il padrone a Roma non si mostra dalla metà di gennaio quando comparve all’Olimpico per Roma-Fiorentina, elegantissimo dietro ai suoi occhiali scuri. Da allora ha lasciato il timone al figlio Ryan, che nelle partite interne non manca mai. Nel frattempo ha demandato a Tiago Pinto, un manager volenteroso, la gestione ordinaria, che comprende la necessità di contenere l’esuberanza ambiziosa di Mourinho.

Lui, l’allenatore, da parte sua continua ad aspettare una chiamata dall’alto. E attraverso il lavoro sul campo, con la fedeltà dei giocatori, ha portato la Roma agli ottavi di Europa League e l’ha tenuta in corsa per un posto in Champions, obiettivo dichiarato dell’azienda: se stasera batterà la Cremonese salirà al secondo posto, sullo stesso scalino di Inter e Milan, che l’anno scorso si sono contese lo scudetto fino all’ultima giornata. Dovesse completare con successo la missione lombarda, nelle interviste post non si dimenticherebbe di sottolineare il risultato.

Ecco, su questo punto le visuali sono diverse per non dire opposte. La proprietà è convinta che la Roma, per gli investimenti effettuati soprattutto sugli stipendi dei calciatori più forti, abbia diritto a sperare in un piazzamento d’élite. Mourinho ritiene viceversa che la qualificazione alla prossima Champions League, vitale per un bilancio sofferente, sarebbe una sorta di exploit perché implicherebbe l’esclusione dal salotto di una tra Inter, Milan e Juventus (aspettando la sentenza definitiva sui 15 punti di penalizzazione), senza contare Lazio e Atalanta che pure vantano le loro pretese storiche.

La partita del futuro si gioca su questo tema, del quale può ovviamente discutere anche nei social bar. Ma è difficile negare un’evidenza: la Roma che era stata pensata in estate, con Wijnaldum e Spinazzola a pieno regime e con un vero centravanti di riserva come Belotti, si sta svelando adesso. Se la squadra è rimasta agganciata al treno delle migliori pure quando era ridotta ai minimi termini – contro il Verona per esempio ha vinto senza i Quattro Meravigliosi: mancavano Dybala, Pellegrini, Abraham e il venduto Zaniolo – il merito è (anche) di un allenatore che ha saputo inventarsi nuove soluzioni di tanto in tanto. Il lancio di Zalewski e Bove, l’insistenza su El Shaarawy esterno, l’accettazione dell’improvvisata coppia di centrocampo Cristante-Matic, l’intuizione di schierare Solbakken nel momento giusto.

Ora che le soluzioni sono aumentate, e la panchina si è allungata, Mourinho potrà dedicarsi all’attività preferita: scegliere e gestire un gruppo che può resistere lassù, dove è arrivato più con le idee e il carattere che con la qualità. Poi verrà il tempo della resa dei conti, quando il valore delle parole non sarà più ignorabile.



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