La virata è autentica. Tattica e comportamentale. La Roma non è più la stessa di qualche settimana fa e bisogna riconoscere il merito a Spalletti di essere riuscito a dare un senso al suo lavoro, da sempre e non solo oggi, scrupoloso e costruttivo. La classifica potrebbe bastare e avanzare a spiegare quanto sia cambiata la Roma in sole 2 giornate che sono anche le ultime 2 del torneo. I successi negli spareggi contro l’Inter e il Napoli risultano, in questa fase cruciale della stagione, pesantissimi: il secondo posto (non da sola, ma con il Milan di Montella) la battezza come unica e autentica rivale della Juve capolista che è comunque avanti 5 punti. I giallorossi in 2 gare hanno staccato le concorrenti più pericolose grazie al doppio sorpasso: prima quello sui nerazzurri, scivolati dal 3° posto all’11° con 5 punti di ritardo, e a seguire quello sui partenopei, superati e staccati di 2 punti. Sono vittorie fondamentali per il presente e anche per il futuro: a parità di punti, nella volata per il podio Champions, gli scontri diretti fanno la differenza. Dietro questi 6 punti, però,c’èmolto altro.
GIÙ DALL’ALTALENA La Roma ha appena calato il tris. Al San Paolo è arrivato il terzo successo consecutivo, dopo quelli contro l’Astra Giurgiu e l’Inter, entrambi all’Olimpico. E’ la prima striscia positiva della stagione. Perché mai, fino alla gara di sabato pomeriggio, i giallorossi erano stati capaci di vincere 2 partite di fila in campionato e soprattutto di contare fino a 3 pur avendo giocato 12 gare. La continuità è il segnale piùconcreto della crescita che è evidenziata dalla rimonta in classifica.Ma, come spesso accade nel calcio italiano, i risultati si costruiscono in difesa. Nei 3match vinti,Manolas, Fazio e Juan Jesus sono sempre partiti dall’inizio. Senza Vermaelen, Ruediger eMario Rui, la scelta può sembrare scontata. Non è così. Perché, dopo l’imbarcata all’Olimpico granata contro il Torino, ha piazzato tre sentinelle, abbastanza vicine tra loro, a protezione del fortino, rinunciando al doppio fluidificante, con Florenzi a destra e Peres a sinistra. Uno, tra i due, è di troppo. In Europa League e contro l’Inter il brasiliano ha giocato da terzino destro e l’azzurro, dopo essere finito in panchina in coppa (dentro nell’ultima mezz’ora al posto del compagno), è stato usato da trequartista contro i nerazzurri. Assente Peres a Napoli, Florenzi ha riavuto il posto sulla fascia. A mezza strada, però. Da esterno a tutto campo, utile per la linea a 4 in fase di non possesso e addirittura a 5 quando Sarri ha ordinato l’assalto (per la verità sterile) alla porta di Szczesny. Il turnover ridotto al minimo in difesa ha restituito certezze agli interpreti, sicuramente più attenti. E la concentrazione fa lievitare la personalità.
TRAPPOLA EFFICACE Spalletti, pesando la delicatezza dei due spareggi e la fragilità del suo assetto, ha quindi deciso di modificare momentaneamente il piano di partenza. Chiamiamolo alternativo. Meno possesso palla e più contropiede. Gestione della palla all’avversario e ripartenza alla Roma. L’attesa, vigile e spietata, lo ha premiato. Perché ha garantito, contro formazioni attrezzate tecnicamente (quando affronteranno quelle meno quotate, i giallorossi torneranno a fare la partita), più equilibrio e maggiore solidità al sistema di gioco: così la difesa non balla più, ora Manolas e Fazio si muovono da coppia e Juan Jesus, meno terzino che nelle prime partite, si sente più a suo agio. Al tempo stesso la nuova strategia ha esaltato le caratteristiche dei singoli. Peres, Florenzi e Salah contro l’Inter; Florenzi, Nainggolan e Salah contro il Napoli. Frecce avvelenate sulle verticalizzazioni dei compagni. Che sono risultate fondamentali per il risveglio di Dzeko. Che sa difendere il pallone e anche andare in profondità.
RITORNO AL PASSATO La novità è per la stagione e non per Spalletti. Perché il suo riconoscibilissimo 4-2-3-1, anche della prima avventura in giallorosso, ha sempre avuto come priorità la corsa e l’inserimento di almeno 4-5 giocatori: un terzino, il trequartista, le 2 ali e un centrocampista. Più il centravanti. Con Totti già nel 2005 (falso nueve anche da 32 gol a stagione: 2006/2007), con Dzeko oggi (attuale capocannoniere con 7 ret). Ma in fase difensiva ecco il 4-5-1 o, come si è visto al San Paolo, il 5-4-1, perché Perotti si è spesso abbassato accanto a Juan Jesus. La finezza del momento, in assenza di Strootman, è il doppio play, cioè Paredes accanto a De Rossi. Gerson è stato il 19° giocatore schierato dal tecnico, ma ancora non è considerato un cambio: oggi gli interpreti sono contati. Recuperare gli infortunati, per la necessaria rotazione con i 3 impegni a settimana, è dunque la priorità. Per restare al vertice.
(Il Messaggero – U. Trani)
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