Meglio un piccolo ma confortevole appartamento lontano da casa o una residenza fastosa però ammalata di solitudine? Verrebbe da chiederselo se il futuro «in trasferta» delle gare casalinghe della Roma – tratteggiato prima dal d.g. Mauro Baldissoni e poi sposato da Luciano Spalletti – non fosse una provocazione in piena regola, dicono da Trigoria, per alzare l’attenzione sul tema della fruibilità dell’Olimpico, nel momento in cui la questione relativa al nuovo stadio di proprietà entra nel vivo. Quindi, vista la fatiscenza del Flaminio, niente gare interne da giocare a Perugia, Terni, Frosinone, Latina o Pescara (l’unico a norma Uefa) – come già si supponeva – ma tutto pronto per sedersi a tavolino col Coni, che non vuole commentare, in attesa di ridiscutere l’affitto in scadenza nel 2017 e che costa al club 3,5 milioni a stagione.

EFFETTO DRAGAO In ogni caso il sasso nello stadio tirato da Baldissoni a Roma Radio non passa inosservato, tanto più che anche oggi contro la Sampdoria sono attesi appena 25.000 spettatori. «L’Olimpico è grande, forse anche troppo ed è difficile da riempire in condizioni normali. I tifosi qui si disperdono. È chiaro che l’effetto sia penalizzante. Se la tendenza deve continuare in questo senso, se si ridurrà ulteriormente il numero degli spettatori, forse dovremmo cominciare a considerare stadi diversi, più piccoli, per massimizzare l’effetto degli spettatori. Prima della partita di ritorno col Porto, consapevoli dell’effetto del “Do Dragao” dell’andata, parlavamo con Spalletti dell’eventualità di considerare uno stadio più piccolo, con gli spettatori attaccati al campo: sarebbe un’occasione per avere più gente. Tutto questo in attesa ovviamente di edificare il nuovo stadio. Speriamo che questo non sia necessario e l’Olimpico torni a riempirsi».

MULTE E BARRIERE Spalletti conferma tutto. «La penso esattamente come Baldissoni. Il tema della presenza degli spettatori è dannoso per la squadra. L’Olimpico vuoto ti rafforza i meno e ti toglie un po’ i più. È un dato di fatto. Per la società è un tema caldo». Tutto chiaro, come l’ormai lungo braccio di ferro tra forze dell’ordine e tifosi della Sud che, oltre alle barriere, devono ora metabolizzare anche le (impensabili) multe per cambio di posto o sosta nelle vie di fuga. «Siamo stupiti – spiega il d.g. –. Faremo vigilare anche i nostri steward».

FRANCHIGIE NBA In generale, l’ipotesi trasloco non ha choccato. Se si pensa che nel 2007, quando Lotito ipotizzò di costruire lo stadio a Valmontone, il tifo laziale s’imbizzarrì, stavolta quello giallorosso sembra più pacato. Curiosità: con un presidente come Pallotta, coproprietario di una squadra storica in Nba come i Boston Celtics, c’è da notare come il rapporto appunto tra franchigie e città in Usa è assai volubile, se si pensa che i Lakers nascono a Minneapolis per approdare a Los Angeles, i Golden State Warriors hanno traslocato da Philadelphia a San Francisco, i Rockets da San Diego a Houston, i Jazz da New Orleans a Salt Lake City e gli Hawks hanno addirittura cambiato 4 città prima di Atlanta. Ma tranquilli, con la Roma non si potrà mai fare (si spera).

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini)



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