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Roma, ora Pallotta prende tempo. Ma un vertice fornirà le strategie

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Il buongiorno è stato di quelli che mettono voglia di rimettersi subito a letto a dormire. È bastato che cominciasse a circolare il nome di Joseph DaGrosa come possibile acquirente della Roma che dalla Francia si è scatenato uno tsunami social da mettere i brividi.

Decine e decine di tifosi del Bordeaux, che hanno avuto modo di averlo come presidente per circa un anno (autunno 2018, inverno 2019), ricco di scelte assai discutibili, hanno mandato messaggi di cordoglio ai “fratelli” romanisti, il cui senso era uno solo: «Tenetevi Pallotta, lui ci ha rovinato».

E allora cominciamo da qui, ovvero dal fatto che il dossier per la vendita del club giallorosso sta facendo il giro del mondo grazie alla banca d’affari Goldman Sachs, di cui si serve il presidente. Tra i tanti, è finito anche sul tavolo, appunto, di DaGrosa, 55 anni, nato a New York, lontane origini lucane, titolare della General American Capital Partners con sede a Miami, che due anni fa comprò il Bordeaux per 118 milioni complessivi, di cui versò una quota non elevata, prendendone però la presidenza (con diritto di veto). L’uscita è stata rapida e, si dice, assai vantaggiosa, mentre il club francese adesso non versa in eccellenti acque. Stoppato nella corsa al Newcastle, nei giorni scorsi aveva detto: «Era il profilo del club che vorremmo acquistare. Non stiamo guardando a uno dei top club, anche solo per un discorso di costi, ma ci sono anche istituti di credito che ora si trovano di fatto proprietari di club che sono mal equipaggiati per gestirli. Questo fa nascere, dal nostro punto di vista, un’opportunità per acquistare i club con uno sconto». Poco incoraggiante, se si pensa che Pallotta ha detto no ai 575 milioni offerti da Friedkin (debiti e ricapitalizzazione di 85 milioni compresi) e che adesso difficilmente può aspirare a meglio. Per questo DaGrosa non sembra avere un profilo così alto. Al massimo, si dice negli ambienti finanziari, potrebbe diventare socio di Pallotta e non erede, anche se l’ambizione è tanta, quella di creare col suo gruppo – Kapital Football Group – un network in stile Manchester City. «Esiste la possibilità per farlo a un costo molto più basso. L’effetto del Covid-19 ha portato opportunità che non esistevano. Vorremmo avere il nostro primo club entro settembre-ottobre. Entro un anno avremo completato facilmente la fase uno: un club di ancoraggio, uno satellite e tre accademie. Per la seconda fase, con 4 club satellite e 6 accademie, serviranno altri 12 mesi».

In attesa di scoprire se Friedkin – come sperano tanti tifosi giallorossi – si riaffaccerà, ora gioca Pallotta, che entro metà mese – pur in attesa di proposta – dovrà delineare ai manager le strategie in vista dell’assemblea dei soci del 29 e, soprattutto, delle necessità finanziarie del club, che non potranno essere coperte dal mercato, a meno che non si cedano i gioielli Zaniolo e Pellegrini. Il presidente, che tutto sommato è contento di avere nel suo «bouquet» di asset la Roma – utile ad avere visibilità e credibilità anche negli Usa -, entro fine anno dovrà versare 42 milioni per completare la sua parte di ricapitalizzazione, ma occorrerebbe qualcosa in più. Una rimonta fino alla zona Champions, ad esempio, oppure che arrivi il via libera al nuovo stadio. E ieri, al «Romanista», l’assessore allo Sport, Frongia, ha detto: «I proponenti e gli uffici hanno concluso i lavori tecnici. Da adesso inizierà formalmente l’iter politico. È un dossier strategico per la città. Spero di portare a casa quanto prima questa opera». Una notizia eccellente per Pallotta. A sensazione, assai di più rispetto agli appetiti di DaGrosa.

(Gazzetta dello Sport)

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FOTO: Credits by Shutterstock.com

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