Un trend da invertire, una corsa da continuare. Possibilmente, stavolta senza chiedere una mano a Totti. La Roma va a pranzo in casa del Torino, sul tavolo ci sono i primi tre punti in trasferta della stagione: Spalletti proverà ad azzannarli tornando alla formazione-tipo del momento, che quindi prevede il capitano in panchina, con Salah e Perotti (o El Shaarawy) a supporto di Dzeko. La vittoria in discreta scioltezza sul Crotone è servita a dimenticare lo scippo di Firenze, ma il vero esame è quello di oggi aspettando il doppio confronto da vertice con Inter e Napoli, intervallato dall’Europa League e dalla sosta del campionato. La Roma non vince da tre anni sul campo granata (ultimo successo ad aprile 2013 firmato Osvaldo-Lamela con Zeman in panchina), in assoluto ci è riuscita appena dodici volte nella storia e finora, lontano dall’Olimpico, ha raccolto tre pareggi e una ko tra serie A e coppe. «Non è vero – spiega Spalletti – che non abbiamo personalità. A volte però cala questo fattore, ci sono dei momenti in cui la palla viaggia meglio e ci prendiamo delle responsabilità, in altri abbiamo un po’ di timore. Per me è una casualità, siamo sulla strada giusta e non dobbiamo tornare indietro».

Giustamente non si fida di un avversario imbottito di ex vogliosi (da Castan a Iago Falque fino a Ljajic in panchina) e allenato da un tecnico di carattere come Mihajlovic. «Quando si parla del Torino – sottolinea l’allenatore – a me crea sempre un rispetto speciale. Per noi sarà una partita difficile, Sinisa riveste bene il ruolo di allenatore e ci sarà da lottare. Noi dobbiamo dar seguito alle ultime prestazioni e tentare di vincere questa partita: servirà una Roma forte». E capace di dimostrarsi finalmente indipendente dalla classe di un Totti arrivato a 48 ore dalla torta con quaranta candeline. «Mi ha invitato alla sua festa – scherza Spalletti – penso di andarlo a salutare, poi però vado via subito perché quando mi vedranno entrare non sarò gradito al resto del gruppo. Per regalo va bene una macchina del tempo». Battute a parte, il tecnico conferma l’impressione che il rapporto tra i due si sia rasserenato grazie agli sforzi reciproci: il capitano si è messo a disposizione della Roma e Spalletti lo ha fatto giocare quando possibile. «Attualmente – continua il toscano – Francesco è perfetto. Viene, si allena, è dentro il gruppo, spesso fa riferimenti al collettivo ed è quello che volevo. Percui si va avanti insieme». A fine stagione, poi, entrambi tireranno le somme.

Le parole più dolci Spalletti le spende per Castan. «Mi fa enorme piacere ritrovarlo, anche se da avversario. È ancora un calciatore della Roma e darà qualcosa in più». A Dzeko non chiede solo i gol: «Per me arriverà a segnarne 20 ma questo non risolverà i nostri problemi. Lo voglio dentro il nostro progetto, deve darci delle soluzioni in più». In difesa, invece, è meglio non cambiare: avanti con Bruno Peres (l’ex sulla sponda giallorossa) e Florenzi terzini, al centro Manolas-Fazio. «Sarebbe un azzardo mettere mano adesso al reparto – conferma l’allenatore – ma Juan Jesus è forte e di lui ci si può fidare». Molto meno di Mihajlovic, che vuole invertire il suo ruolino negativo contro i giallorossi (7 sconfitte e 1 sola vittoria in 12 sfide). «La Roma è più forte, ma – avverte Sinisa – vogliamo vincere per fare il definitivo salto di qualità». In attacco rilancia Belotti, mentre Ljajic «lo voglio con noi, però non lo rischio». Chiusura col sorriso su Totti: «Il suo debutto in serie A fu merito mio, dissi a Boskov di farlo esordire. Mi deve una cena. Lui fa colpi magici: ci sono tutti e poi c’è Totti». Ventitre anni dopo quel Brescia-Roma è ancora vero.

(Il Tempo – A. Austini)



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