Certo, pensando a quanto successo in questi giorni al Campidoglio con l’Olimpiade non c’è poi da stare così sereni. Perché le certezze non saranno mai tali fino a che non saranno deliberate e perché lo stadio di proprietà è assolutamente vitale per il futuro della Roma e per l’investimento di James Pallotta. Ecco perché le notizie rimbalzate ieri dall’America (Bloomberg) hanno agitato un po’ tutti, con l’indiscrezione che il presidente giallorosso fosse pronto a cedere il 40% del club a un investitore asiatico, proprio nel momento in cui sono venuti meno i ricavi della Champions che la Roma ha dato in garanzia (insieme ai diritti tv) a Goldman Sachs per il rimborso entro il 2020 del finanziamento di 175 milioni di euro attivato nel febbraio 2015. In serata,poi, il chiarimento del club: «In relazione a quanto pubblicato da Bloomberg la Roma smentisce l’ipotesi di cessione di una quota del club da parte dell’attuale proprietà, seppur ricevendo periodicamente manifestazioni di interesse da parte della comunità finanziaria internazionale. Il nuovo capitale sarà raccolto per finanziare la costruzione del nuovo stadio, una volta che il progetto avrà ottenuto l’approvazione finale, sia internamente sia esternamente all’attuale compagine proprietaria».
LA SITUAZIONE – Pallotta, dunque, sta cercando soldi. E questo si sapeva, da almeno sei mesi. Ma sono soldi che devono/dovranno servire al finanziamento del nuovo stadio di Tor di Valle, l’impianto che proprio in questi giorni è al vaglio della Conferenza di servizi e che, nelle speranze del presidente americano, dovrebbe vedere la posa della prima pietra a marzo 2017. Un progetto di circa 1,6 miliardi di euro, tra costo del l’impianto, opere pubbliche e quelle a compensazione (su tutte le famose tre torri di Libeskind, quelle che sono nell’occhio del ciclone politico). Un fiume di soldi, una cifra impegnati va da trovare. Ed infatti dai mercati finanziari arrivano spifferi di difficoltà più o meno grandi nel reperimento delle risorse, tanto che anche negli ulti mi giorni tra Roma e Milano Pallotta ha avuto una serie di appuntamenti con molti marchi nazionali e internazionali e al cune banche. Le difficoltà nascerebbero dalla diffidenza internazionale nell’investire in una città come Roma, alla quale la vicenda della mancata Olimpiade ha dato un’ulteriore immagine negativa dal punto di vista dell’affidabilità.
LO SCENARIO – Pallotta oggi volerà a Londra, dove potrebbe essere accompagnato anche dal d.g. Mauro Baldissoni e dall’a.d. Umberto Gandini. Lì, all’inizio della prossima settimana, il presidente giallorosso incontrerà tre banche, proprio per capire se ci sia la possibilità di far entrare nuovi partner nella Stadio TDV S.p.A., la società costituita ad hoc per la costruzione dell’impianto. È evidente come però il futuro della presidenza giallo rossa sia strettamente legato alle vicende dello stadio. Anche se Pallotta volesse davvero vendere più avanti delle quote della Roma, ciò non potrebbe succedere prima di 56 mesi. In buona sostanza, la Roma con lo stadio ha un valore, senza uno decisa mente minore. E se dovessero emergere difficoltà future nel corso della Conferenza (soprattutto in relazione alle tre torri), allora sì che Pallotta potrebbe anche decidere di vendere delle quote, più o meno grandi del club.
IL PRECEDENTE – Pallotta, tra l’altro, provò già nel 2014 ad avere un socio importante, quando Rothschild stava per vendere le quote di Unicredit al cinese Chen Feng (patrimonio consolidato di circa 45 miliardi con partecipazioni nel settore turistico, in compagnie aeree e alberghi), operazione che saltò per il tentato «colpo» di Pallotta, che voleva comprare le quote di Unicredit per poi rivenderle lui direttamente a Chen Feng. Infine ieri l’a.d. Umberto Gandini ha incontrato privatamente il nuovo presidente dell’Uefa Aleksan der Ceferin, Evelina Christillin dell’Esecutivo Fifa e il d.g. della Figc Michele Uva.
(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese)
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