(Il Messaggero – U. Trani) La crescita c’è e bisogna prenderne atto, a prescindere dall’avversario di turno. Perché se gli esami, dall’esito scontato, contro il Verona e il Benevento, rispettivamente terzultimo e ultimo in serie A, ancora non bastano per valutare la competitività della rosa e il lavoro del nuovo allenatore, di sicuro la Roma sta riprendendo quota. La classifica, con un match da recuperare, non è più orribile come dopo il ko del 26 agosto contro l’Inter e la continuità nei risultati è più significativa di quella avuta nella partenza della scorsa stagione con Spalletti in panchina.
SBANDATA FORTUITA Il raccolto di Di Francesco, sia negli impegni europei che in quelli in campionato, è già migliore. Nell’agosto 2016 il pari di Oporto (1-1) nell’andata del play off e il crollo all’Olimpico nella gara di ritorno (0-3). In questa edizione della Champions subito il pari interno contro l’Atletico (0-0), club al secondo posto nel ranking Uefa (dietro al Real campione d’Europa per due anni di fila), nella prima partita della fase a gironi, l’unica in cui Alisson è stato protagonista e quindi decisivo. Ma la vera differenza è in Italia, nelle prime 4 partite. Nel torneo scorso 7 punti, con 9 gol realizzati e 5 subiti: 2 vittorie interne contro l’Udinese (4-0) e la Sampdoria (3-2), 1 pari in trasferta contro il Cagliari (2-2) e 1 sconfitta, sempre fuori casa, contro la Fiorentina (1-0). Adesso già 9 punti, con 9 gol fatti e 3 incassati: 3 successi, 1 all’Olimpico contro il Verona (3-0) e già 2 fuori contro l’Atalanta (0-1) e il Benevento (0-4), e 1 ko casalingo contro l’Inter (1-3). Proprio l’unica sconfitta stagionale, contro i nerazzurri dell’ex Spalletti, resta, almeno per 70 minuti, la prova più convincente, arricchita anche da 3 pali e dal rigore negato da Irrati e Orsato (Var). Eppure, delle 5 gare giocate dal 20 agosto al 20 settembre, è la sola in cui Alisson ha lasciato il terreno di gioco senza poter sventolare il clean sheet: colpa del calo nel finale. Nel saldo attivo di inizio stagione va pure registrato il record delle conclusioni di sabato davanti a Nicolas: cifra tonda (e tripla) di 30 (10 in porta, 10 fuori e 10 ribattuti) e ultimo tiro al bersaglio di queste proporzioni lontano più di quattro anni e mezzo fa.
ROTAZIONE EFFICACE La rosa non è ancora al completo, come ha recentemente ricordato Di Francesco: convalescenti Emerson e Karsdorp, in teoria i terzini titolari, Florenzi appena recuperato dopo 11 mesi di inattività e quindi ancora in rodaggio, Schick arrivato a Trigora da atletizzare («solo cinque allenamenti con il pallone in estate con la Sampdoria» ha chiarito Eusebio prima di andare a Benevento) e attualmente infortunato (ricaduta evitabile e quindi inspiegabile). Ma, proprio alternando gli interpreti a disposizione, l’allenatore è riuscito a dar forza alla sua gestione. Dopo aver cambiato solo 1 giocatore nelle prime 2 partite, dentro Fazio contro l’Inter e Peres contro l’Atletico (l’unica formazione schierata due volte, perché uguale a quella di Bergamo contro l’Atalanta), ne ha inseriti 5 diversi sia contro il Verona che a Benevento. Il debutto di Gonalons al Vigorito ha fatto salire a 21 i giocatori utilizzati (contando anche Tumminello che adesso è al Crotone) in 5 partite. Ma il dato che caratterizza il turnover del tecnico è un altro: appena 3 i calciatori sempre partiti titolari, il portiere Alisson, il terzino mancino Kolarov e il centravanti Dzeko(l’unico, rispetto agli altri due, sostituito poi in partita). Quelli che, prendendo in esame il gruppo (almeno quello attuale), sembrano tecnicamente insostituibili. Ma, con 3 partite nei prossimi 9 giorni (domani l’Udinese all’Olimpico, mercoledì il Qarabag a Baku e tra due domeniche il Milan a San Siro), solo Alisson potrebbe sfuggire alla regola della rotazione.
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA