La città che fagocita tutto e tutti batte se stessa: Di Francesco è in discussione ancor prima che inizi la stagione. Sì, il quattordicesimo allenatore – contando due volte Spalletti – in altrettante stagioni dopo l’addio di Capello deve già battere lo scetticismo. Follie che diventano realtà per la Roma, costretta a vivere in un perenne psicodramma a causa di nove, lunghissimi anni senza vincere neppure una «coppetta». E se i pronostici di tifosi e critici preoccupano fino a un certo punto, risuonano allarmanti, invece, le bordate lanciate dall’allenatore a Vigo dopo il «disastro tecnico, tattico e fisico» come l’ha definito lui. Sentirlo dire il 13 agosto che «si gioca come ci si allena», «una partita non si prepara un’ora prima», «abbiamo provato delle cose e in campo abbiamo fatto il contrario» rende quasi superflui i sussurri provenienti da Trigoria: alcuni giocatori «importanti», infatti, avrebbero espresso dei dubbi sulla possibilità di adattarsi in fretta al sistema di gioco che vuole imporre l’allenatore. Sia chiaro, nessuna fronda, nessun ammutinamento, la Roma è composta da un gruppo di calciatori seri che hanno dimostrato di seguire al 100% Spalletti e ora, in piena sintonia anche con lo staff dell’abruzzese, stanno provando a calarsi in una nuova realtà.
Il problema nasce proprio lì: Di Francesco deve «convincere» a cambiare modulo una squadra che ha appena raggiunto il record di punti della storia del club, costruito su certi meccanismi e distanze, con la difesa a «tre e mezzo» inventata dal toscano e Nainggolan trequartista. Eusebio crede invece nel suo 4-3-3 più verticale e spregiudicato, in cui il baricentro è diversi metri più «alto». A Vigo una sintesi dei rischi: se la squadra si allunga, il pressing è disordinato, il centrocampo non recupera palloni o copre le traiettorie, inevitabilmente la difesa si ritrova in balia di ogni singolo pallone buttato verso l’area giallorossa. Il nodo, insomma, è collettivo ancor prima delle difficoltà mostrate da alcuni singoli come Fazio. Inoltre contro il Celta ha giocato una Roma totalmente sperimentale che non vedremo mai più. A fine gara Strootman ha analizzato la situazione con lucidità: «Il calcio che vuole Di Francesco non è più complicato, ma siamo abituati a giocare in un modo e dobbiamo cambiare. Non so se è più rischioso, sicuramente più spettacolare e possiamo segnare tanto».
Il tempo delle prove è scaduto, da oggi la squadra torna a lavorare per preparare l’esordio di Bergamo su un campo difficile prima di ospitare l’Inter di Spalletti. Ieri nessun vertice, nessuna riunione urgente, a Trigoria c’erano solo i dirigenti e i piani di certo non cambiano per un primo tempo giocato male in amichevole dalle riserve. Monchi vuole prendere almeno due giocatori, di sicuro un esterno titolare in attacco e, possibilmente, un altro difensore centrale. In 16 giorni il piano di mercato va chiuso, poi parleranno il campo e i risultati. L’entusiasmo lo può portare un buon inizio e il ritorno degli infortunati. El Shaarawy è pronto a rientrare in gruppo ma ha perso tutta la preparazione, Karsdorp e Florenzi saranno disponibili a settembre, Emerson due mesi dopo. Per ora Di Francesco deve puntare sugli altri. E allontanare subito la nube che, prima o poi, avvolge qualsiasi allenatore seduto su quella maledetta panchina.
(Il Tempo – A. Austini)
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