La sfiga c’entra ma non spiega tutto. Spalletti si sente un uomo «fortunatissimo perché alleno la Roma e continuerò a fare questo lavoro». Non si sa dove, ma «fino all’ultimo giorno che sarò qui lavorerò dalla mattina alla sera per lasciare una squadra forte». La vigilia di Roma-Sassuolo se ha la faccia e le parole di Luciano come accade da mesi. Un tecnico soddisfatto dal rendimento dei giocatori nonostante l’uscita dall’Europa con tanti rimpianti, allo stesso tempo un uomo in guerra con il nemico numero 1 che ha individuato, a torto o a ragione, nella stampa. Così, quando gli chiedono cosa intendesse giovedì sera quando ha detto «forse sono io che porto sfiga», Spalletti è ripartito a mille. «A me la sfortuna non può togliere nulla perché ho raggiunto una posizione e un livello di vita che ormai non cambia per una sconfitta in più o in meno. Voi – dice rivolto ai giornalisti – invece siete sfigati perché mi psicanalizzate ogni giorno. Cercate sempre di capire che luna ho per fare un’analisi a me: invece di articoli sportivi mi sembrano oroscopi». Detto che si tratta di questioni personali, nate nella sua prima esperienza nella Capitale, riesplose lo scorso anno durante i difficili mesi di gestione del caso-Totti e ormai deflagrate senza più controllo, Spalletti ha molto altro da dire e che dovrebbe interessare molto di più ai romanisti: «Col Lione è stata una di quelle partite dove il giorno successivo ti alzi e hai la sensazione di non aver niente in mano, di aver perso tutto, di avere il dubbio se accendere la luce al bagno e rimanere al buio. Però i ragazzi hanno fatto la prestazione che volevo: se fai 25 tiri in porta, che sono un record e sono più di quelli tentati dal Barcellona nel 6-1 al Psg, è un segno che la squadra ha giocato bene. Se ne rifaremo altre come questa porteremo a casa tante vittorie e rimarremo in Europa. Dobbiamo provare a essere gli stessi di giovedì contro il Sassuolo».
D’altronde, se si vuole ridare entusiasmo al gruppo e all’ambiente in questo finale di stagione le strade sono due: inventarsi una rimonta epica nel derby di ritorno in Coppa Italia o, forse ancora più difficile, tentare la rincorsa alla Juve in campionato. «Se vinciamo le prossime 4-5 partite – ammette il toscano – gli scenari possono cambiare. L’ho detto alla squadra». Sul futuro nessun aggiornamento, ma solo un’altra puntata dell’«oroscopo». Spalletti sottolinea che «dopo aver lavorato per mesi con i nuovi giocatori la difesa adesso è diversa ma abbiamo dei margini di crescita paurosi». Come se volesse continuare a esplorarli. «Una partita la puoi perdere – dice ancora Luciano – ma l’anno dopo ti riproponi e fai vedere che ci sei ancora e sei uno forte mentalmente». Insomma tutto e il contrario di tutto aspettando il confronto con Pallotta. La verità si capirà solo in quel momento. E sarà bene che spengano i telefoni.
(Il Tempo – A. Austini)
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