«Oggi le condizioni non ci sono, ma penso un giorno, prima o poi, io andrò ad allenare la Roma». È il colpo di grazia, senza se e senza ma, per la proprietà Usa e per il presidente giallorosso James Pallotta. Perfido scherzo del destino: lo certifica proprio Antonio Conte. Che, nell’intervista a Walter Veltroni pubblicata ieri dalla Gazzetta dell Sport, firma la bocciatura definitiva al progetto sventolato a vuoto da Boston. E all’attuale rosa che, non c’è da stupirsi, non ritiene adeguata per sfidare le big della serie A.
IMMAGINE CALPESTATA Il vincente, insomma, non può dire sì al perdente, la sintesi dell’ex allenatore del Chelsea. Conte, però, è andato oltre, scoperchiando anche l’ultimo bluff, cioè la comoda tesi, portata avanti negli ultimi 7 anni dai dirigenti del club giallorosso, di quanto l’ambiente romano (media e tifoseria, in primis) possa aver influito sulla mancanza di successi. «Mi sono innamorato di Roma frequentandola nei due anni in cui sono stato ct della Nazionale. All’Olimpico senti la passione da parte di questo popolo che vive il calcio con un’intensità particolare, che per la Roma va fuori di testa. Che vive per la Roma. Un ambiente molto passionale, che ti avvolge». L’allenatore sposa la piazza e scarta, dunque, il progetto. «Vale per qualsiasi squadra. Io devo avere la percezione di poter battere chiunque. Devo sentire che vincere è possibile. Altrimenti, senza problemi, posso continuare a restare fermo». Passo e chiudo. Antonio, senza aver usato la Roma per mettere pressione ad altri club (preparatevi: presto sentiremo anche questo), si è disimpegnato privatamente e pubblicamente, mantenendo la parola data a Fienga nell’ultimo colloquio («entro 2 settimane, saprete la mia risposta»). Perché «oggi le condizioni non ci sono». Non aggiunge quando ci saranno. Non lo sa lui e nemmeno chi sta qui.
PERCORSO COMPLESSO La curiosità è da accantonare alla svelta: adesso non interessa a nessuno dove allenerà Conte che aspetta la Juve ed è d’accordo con l’Inter. Meglio bianconero che nerazzurro, sussurrano a Trigoria per non subire l’affronto peggiore: Zhang più credibile e soprattutto più potente economicamente di Pallotta. Che, messo ko dall’ex ct azzurro, deve rialzarsi e anche in fretta dal tappeto, scegliendo la migliore exit strategy per riabilitarsi (solo parzialmente) agli occhi dei tifosi. Ripartendo proprio dal podio che ha accolto, fin dall’esonero di Di Francesco, sul secondo gradino Sarri e sul terzo Gasperini. Il piano C, nel caso fallisse il B, esiste: non Ranieri, ma Giampaolo. Che non convince Petrachi. Baldini, però, sì. Il suggeritore del presidente, per la verità, ha sempre votato per Sarri: avrebbe preferito lui anche a Conte. Ora tornerà alla carica con l’allenatore del Chelsea, suo grande amico. La stima è reciproca, ma Baldini non sa se può bastare. Sarri, già sicuro di giocare la prossima Champions, domani può conquistare anche l’accesso alla finale di Europa League. Recentemente ha ammesso in tv di trovarsi bene in Inghilterra. Testuale: «Voglio restare qui, la Premier mi intriga». In più guadagna 9 milioni. Se decidesse di dimettersi, li dovrebbe versare, come penale per liberarsi in corsa, alla società londinese. La Roma, dunque, non ha alcuna certezza sul buon esito della nuova (vecchia) negoziazione. L’alleato giallorosso è il pubblico di Stamford Bridge che ha scaricato il tecnico. E la spinta decisiva può venire indirettamente dalla Fifa che ha decretato lo stop al mercato del Chelsea (sessioni estiva e invernale). Penalizzato Abramovi: cessioni sì, acquisti no. Così Sarri teme di perdere i suoi campioni, a cominciare da Hazard, senza averne altri in cambio.
GRADUATORIA INVARIATA Sull’allenatore dei Blues c’è l’ok di Petrachi che è favorevole pure all’eventuale ingaggio di Gasperini. La Roma, essendo l’Atalanta ancora la principale rivale nella corsa al 4° posto, non intende muoversi subito. Aspetterà almeno il prossimo turno di campionato e la finale di Coppa Italia. Il Milan si è già fatto avanti, ma è possibile che Di Francesco effettui nei prossimi giorni il sorpasso sul collega: l’ex tecnico giallorosso è stato a Milano anche ieri. A Trigoria, dove sono contrari ad accogliere qualsiasi straniero (ad esempio, Bielsa) venga in mente nelle prossime ore a Baldini, piace e molto Gasperini: è quello che più somiglia a Conte, soprattutto nel metodo di lavoro. L’allenatore nerazzurro, pur con l’obiettivo sempre più vicino di giocare la Champions con l’Atalanta, è ambizioso e vorrebbe dimostrare di essere competitivo anche sulla panchina di una big, pure per cancellare la (breve) esperienza negativa all’Inter.
(Il Messaggero – U. Trani)
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