AS ROMA NEWS VINCENZO VERGINE – Una Coppa Italia con la Primavera e due scudetti con l’Under 16 e 17. Tre risultati tangibili del lavoro che il settore giovanile svolge quotidianamente a Trigoria. A capo della filiera c’è Vincenzo Vergine, dirigente classe 1968 nato in provincia di Brindisi, 8 anni nel Lecce e 13 nella Fiorentina, scrive Il Messaggero.
È arrivato alla Roma due anni fa e da quel giorno ha stravolto tutti i vecchi meccanismi, elaborando un nuovo sistema per la gestione dei giovani, che già sta portando nelle casse del club denaro fresco. Dalla cessione di Tahirovic per 8,5 milioni (bonus inclusi), all’affermazione in Serie A di Zalewski e di Bove, passando per la vendita di Missori e Volpato al Sassuolo per 10 milioni.
A Vergine è stata data carta bianca da Dan Friedkin che lo ha conosciuto, ascoltato, si è fidato e, soprattutto, ha finanziato le sue idee con l’obiettivo di creare una fabbrica di talenti: «Vogliamo portare calciatori in prima squadra o farli diventare una risorsa per il club», ci spiega Vincenzo Vergine.
Un settore che prevede 51 membri dello staff, 31 di quello sanitario, nutrizionisti, psicologi, una valida istruzione e delle attività per riempire il tempo libero dei giovani per evitare l’uso smodato di social e videogame: «L’unica cosa che non si può simulare è la pressione che i calciatori sentono quando giocano in A. Le seconde squadre? Mi interessano, ma se sono in Serie B. Se fatte bene possono essere uno strumento valido, ma non devono essere autoreferenziali». Il giovane può cominciare a crescere realmente solo quando entra nell’arena: «Ma non deve mai modulare la prestazione affinché dia tanto contro una grande e poco contro una neo promossa. Si deve mangiare l’erba sempre e comunque».
Due le principali linee guida: «Creare le condizioni ottimali per tutti i giocatori e un’attenta politica contrattuale». I club possono far firmare contratti professionistici solo a ragazzi che hanno compiuto 16 anni e per un massimo di tre: «Questo significa che dopo due anni va in scadenza, ma sarà ancora un Primavera e non avrà dimostrato nulla, ma il suo agente potrebbe chiedere la luna e se non la concedi può innescarsi un cortocircuito in cui si rischia di perdere il giocatore».
Come si aggira il problema? Con una politica accorta e con un management formato: «Sin da piccoli hanno ben chiaro quale sarà il percorso e sarà uguale per tutti. Abbiamo dei protocolli che non cambiano». L’altro segreto è stato armonizzare tutto il settore giovanile con un unico responsabile (Vergine, appunto) a capo della piramide in cui non ci sono altri dirigenti: «Se frazioni il processo e metti più responsabili, nella congiunzione c’è una terra di nessuno».
E, quindi, quando Mourinho chiede sei giocatori alla Primavera, immediatamente si innesca un meccanismo a catena fino all’Under 15 e che coinvolge 40 calciatori: «Processo che non viene lasciato in mano ai tecnici, perché altrimenti si possono creare contrasti. I ragazzi non vengono chiamati in prima squadra per riempire un ruolo, ma per nome, il che significa che il tecnico li segue e li conosce. Non riempiono un organico solo per fare l’esercitazione fine a sé stessa».
Insomma, un settore giovanile che non è “Team oriented“, ma “Player oriented” e in cui è coinvolto anche Conti: «Bruno è un’arma per la Roma. Quando va a parlare con un calciatore e la sua famiglia rappresenta un valore aggiunto». Differente il lavoro di Alberto De Rossi, papà di Daniele ed ex tecnico della Primavera: «Fa parte dell’area performance e dirige il progetto 100 ore. Ogni calciatore si allena circa 500 ore l’anno, noi ne abbiamo aggiunte 100 di lavoro individuale che viene svolto in un’area skills di 2000 metri quadri dove hanno strumenti per allenarsi». Sempre con lo sguardo dritto al futuro.
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