Entra in sala stampa e stringe la mano a tutti, uno per uno. Perché i presenti sono considerati dei compagni di «un viaggio pieno di sentimento». Luciano Spalletti utilizza il suo spicchio di pomeriggio libero per una chiacchierata di quasi un’ora e un quarto con i suoi compagni giornalisti. E’ chiaro sulle questioni tecniche, di mercato, sul lavoro e sul suo futuro, va sopra le righe su altro, vedi l’affaire Totti. Una storia che non finisce mai, fatta anche di vecchi rancori con l’ambiente, con i compagni di cui sopra. In passato mi avete accusato di essere il cecchino di Francesco, ora facciamo i conti, questo è un po’ il messaggio. «Come non ero d’accordo con chi lo voleva sempre in campo, oggi non lo sono con chi scrive che lascerà tra un anno. Volete fargli fare il tour degli ultimi stadi, degli ultimi avversari, volete portarlo in giro con il ciondolino. Totti deve avere la possibilità di continuare a giocare, perché volete farlo smettere? Lui deve decidere, il campo dovrà stabilirlo. Siete scorretti voi a sostenere che questa sia la sua ultima stagione. Avete cominciato con questa manfrina per distruggerlo psicologicamente, mentre a me avete fatto un culo (testuale, ndi) così. Io non gli regalerò nulla, ma statene certi, non gli toglierò nulla». Tutto bene, anche comprensibile un certo rancore con chi effettivamente può averlo fatto diventare il cecchino di Totti e contro gli amici di Vito e il capitano, ma in passato lo stesso Pallotta sosteneva chiaramente che Francesco non fosse più in grado di giocare. «Queste cose non ho problemi a dirle a Pallotta e ai suoi parenti». Messaggio lanciato, arrivato.
AFFARI E CONTRATTO «Vogliamo calciatori di prima qualità, e Juan Jesus è uno di questi, e compriamo in base alle nostre possibilità». E’ chiarissimo sulle questioni di mercato, Lucio. «Non siamo ancora completi, servono due difensori. Se i centrali sanno fare anche gli esterni è meglio, porta vantaggi. La Roma dovrà essere in grado di schierarsi con i quattro e con i tre». Mentre sul centrocampo sa che Pjanic non è facilmente rimpiazzabile «ma abbiamo soluzioni, poi se ci sarà occasione o in caso di emergenza agiremo, ma per adesso siamo a posto». Spalletti spiega pure il perché non firmi accordi pluriennali. Aspetta, valuta, vuole vedere l’effetto che fa. «Sono un allenatore a scadenza, non voglio stare comodo voglio sentirmi acceso e voglio che i giocatori sappiano che io mi gioco la prossima stagione. Non ho bisogno di pararmi il culetto (sempre testuale, ndi). Se faccio un contratto lungo poi succede come l’altra volta, che dopo un’annata così e così ti si chiede di andare via». Pjanic ha capito subito la differenza tra Juve e Roma, ha capito perché è così difficile starle davanti. «Io purtroppo non ho mai lavorato nella Juventus, delle grandi conosco solo la Roma. Mire è un professionista, sa accorgersi delle qualità altrui. La Juve può prendere chi vuole, noi abbiamo l’obiettivo di confrontarci ad armi pari con tutte e raggiungere i massimi obiettivi. Pur sapendo che al tavolo da poker ci sono avversarie con tante fiches». Non è facile ma ci proviamo, questo è il senso. Per i miracoli, rivolgersi altrove.
VECCHI E NUOVI Vuole Szczesny ma apprezza Alisson, «ha grande personalità, mi piace»; non scarta Irutbe («sono curioso, voglio vedere la qualità del pensiero, le capacità di scelta di gioco») e sprona Paredes («gli manca un po’ di velocità e deve affinare la qualità nei tempi di gioco»). E su Mario Rui? «Non è il massimo sotto l’aspetto fisico, ma è un buon giocatore. Ricci? Lo abbiamo seguito, ci ha fatto un’ottima impressione. Gerson? Ha qualità, bisogna fargli trovare l’ambiente giusto per poterla sviluppare». Un bacetto anche ai vecchi in attesa di riscatto. Uno, Dzeko. «Vuole rimanere e ha voglia, se continua così per me è il centravanti titolare». Due, Strootman. «E’ un grande calciatore, ma diamogli tempo per tornare quello di prima. Non mettiamogli pressioni».
(Il Messaggero – A. Angeloni)
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