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Rassegna stampa

Roma, testa da Champions. Ma l’attacco non segna più

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ULTIME NOTIZIE AS ROMA GENOA MANCINI – Tenera è la notte romanista passata in zona Champions, aspettando il risultato di stasera dell’Atalanta. I giallorossi infatti, giustificando l’esultanza finale di Ryan Friedkin, battono con merito, il Genoa, grazie a un 1-0 santificato dalla rete di Mancini, sempre più goleador dall’alto dei suoi 4 centri stagionali, scrive La Gazzetta dello Sport.

Qui però entriamo nella zona grigia del successo dei padroni di casa. Se la Roma vince con qualche patema finale, è anche perché l’attacco si è spuntato. Non ce ne voglia il laborioso Mayoral, ma potremmo sintetizzarla anche così: nostalgia di Dzeko. Non è un caso se nelle ultime 4 partite di campionato, la squadra di Fonseca abbia segnato solo 4 gol e mai con un attaccante.

Zero a Benevento, 1 col Milan (Veretout), 2 a Firenze (Spinazzola e Diawara) e 1 appunto ieri, peraltro su sviluppo da calcio da fermo. Se poi si allarga l’analisi alle ultime 6, troviamo una sola rete delle punte (Pedro). Intendiamoci, contro il Genoa la squadra ha avuto sempre il pallino del gioco in mano, ma si è resa poco pericolosa, con appena due veri tiri nello specchio della porta e un palo di Villar.

Impressioni? Il ruolo di titolare pesa sulle spalle di Mayoral, che collabora alla manovra e dà profondità, ma è meno fisico ed incisivo di Dzeko, che giovedì contro lo Shakhtar proverà a stringere i denti per la panchina (ma sarà dura). Alla luce di tutto questo, per i liguri scatta una nota di demerito, visto che incontrare i giallorossi, in partenza, senza 4 titolari indiscussi (Spinazzola, Veretout, Mkhitaryan e appunto Dzeko), avrebbe meritato una maggiore propositività, anche se Ballardini si è appellato alla stanchezza.

In avvio, il 3-4-2-1 di Fonseca, con un giro palla abbastanza lento, agevola le mosse del 3-5-2 di Ballardini, bravo a chiudersi intorno alla regia di Badelj e senza mai perdere le posizioni nelle ripartenze. Per sbloccare le situazioni i giallorossi devono puntare a trovare le differenze nel rischio di specularità. Tre sono quelle più evidenti: la Roma difende col baricentro più avanzato e col palleggiatore, Cristante, spostato a sinistra invece che al centro (dove i rossoblù hanno Radovanovic), privilegiando in uscita la catena con Bruno Peres e costringendo Destro ad avere come avversario un difensore di ruolo (Smalling).

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La seconda è che il portoghese decide di piazzare gli esterni d’attacco (Pedro ed El Shaarawy) molto stretti, provando a far collassare anche l’ex Strootman e Zajc su di loro e liberando le corsie per le avanzate dei terzini. La terza è la netta superiorità sui calci piazzati. Così, dopo non aver inquadrato la porta prima con Smalling e poi con Mancini, al terzo tentativo da angolo Pellegrini trova ancora Mancini, che supera Masiello e batte Marchetti, in campo per il forfeit muscolare di Perin.

È il 24’, e la rete funge da grimaldello al match, perché gli spazi si allargano, ma è solo Pedro a impegnare Marchetti con un tiro da fuori. Nella ripresa, il copione non cambia fino agli ultimi minuti, quando il Genoa, con l’inserimento di Scamacca, passa al 3-4-3, con l’attacco già un po’ irrobustito dall’inserimento di Shomurodov al posto dell’evanescente Pjaca.

Così, se si eccettua il palo di Villar al 23’e il gol annullato a Mayoral per fuorigioco di Pedro (bel tacco sul palo) al 29’, i due portieri restano sostanzialmente inoperosi, con un paio di brividi a testa a cura di Mancini e Pellegrini (per Marchetti) e Zappacosta e Scamacca (per Lopez). Poca roba per farne una partita da vetrina. E se il Genoa torna a casa sempre guardandosi alle spalle, la Roma può sorridere, pur sapendo che giovedì in Coppa dovrà fare di più.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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