Radja Nainggolan

(Corriere della Sera – L. Valdiserri) Dopo la sconfitta contro la Juventus, che avvelena il Natale giallorosso, Eusebio Di Francesco non parla di sfortuna, anche se la Roma ha colpito 16 pali in stagione e, in questa classifica, è prima per distacco. L’allenatore non cerca alibi perché sa che sbagliare gol in quantità industriale, più che sfiga, è un limite. Sbaglia Dzeko, sbaglia Schick, sbaglia Perotti, sbaglia El Shaarawy, sbaglia Strootman…

Nelle ultime otto partite – tra campionato, Champions e Coppa Italia – la Roma ha segnato sette reti e altrettante ne ha subite. Ha marcato più di un gol solo in un’occasione: contro la Spal (3-1), che era rimasta in dieci per l’espulsione di Felipe al 11’. I giallorossi hanno il settimo attacco della serie A, dietro a Juve, Lazio, Napoli, Inter, Sampdoria e Udinese.

Dzeko, capocannoniere dello scorso campionato, è andato a segno una sola volta nelle ultime 14 gare. In più – nei tre scontri diretti contro Inter, Napoli e Juve – la Roma non ha conquistato nemmeno un punto e ha segnato un solo gol, subendone 5. A Di Francesco viene anche rinfacciata la bulimia da turnover che ha portato all’eliminazione dalla Coppa Italia: era l’obiettivo più alla portata di un club che, da quando è sotto proprietà americana, non ha ancora vinto un trofeo.

Questo dicono i numeri. L’immagine che rimane dalla visione e dall’analisi delle partite aggiunge un particolare: la Roma, dal derby del 18 novembre in poi, è stata davvero pericolosa solo quando Di Francesco ha arrischiato il 4-2-4. Una mossa della disperazione provata nelle ultime gare contro Chievo, Cagliari, Torino in Coppa Italia e sabato sera contro la Juventus. La squadra, così, gioca una specie di Rischiatutto, perdendo ogni equilibrio in fase difensiva ma disponendo di una potenza di fuoco superiore in attacco.

Il 4-3-3 resta il modulo di riferimento e ha garantito un rendimento eccezionale in Champions League e sufficiente in campionato: è l’usato garantito. Ma Di Francesco non ha gli uomini ideali per farlo (mancano almeno un esterno basso e uno alto a destra) e la coppia Dzeko-Schick sembra funzionare solo con il modulo più sbilanciato. Ruediger e Salah, praticamente, non sono stati sostituiti per colpa degli infortuni di Karsdorp e dello stesso Schick.

Il tabù dello Juventus Stadium – 8 partite, 8 sconfitte, 20 gol subiti e 3 segnati – non è stato infranto e il ceco, l’acquisto più costoso e importante del mercato estivo, è diventato subito vittima del sortilegio: poteva prendersi la più grande rivincita contro la Juve, che lo ha scartato, e invece ha sbagliato l’occasione più clamorosa per un pareggio a tempo scaduto. La tifoseria si è già spaccata. I «buonisti» lo vorrebbero in campo titolare nella prossima di campionato (in casa contro il Sassuolo), perché quando cadi dalla bicicletta devi subito risalire sul sellino. Ma c’è chi ha già perso la pazienza e ha postato una foto di Patrik con la maglia bianconera. Il tribunale dei social non ha pietà e non concede appelli.

L’obiettivo realistico, adesso, sembra la conquista di un posto per la prossima Champions. Poco? Molto? Finora è proprio il cammino europeo ad aver fatto la differenza tra la Roma attuale e quella di Spalletti. Ma fino a febbraio, quando i giallorossi affronteranno lo Shakhtar Donetsk negli ottavi, non sarà semplice convincere tutti – i giocatori in primis – che lo scudetto non è volato via a Torino e che si può costruire una grande squadra anche se i più bravi vengono spesso venduti e non comprati.



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