AS ROMA NEWS – Ci sono vittorie e vittorie. Perché tutte regalano tre punti ma poi ci sono quelle che danno una consapevolezza dei propri mezzi, una fiducia e un’intraprendenza diversa. Tirana ne è un esempio. Milano potrebbe avvicinarsi. Vincere a San Siro in rimonta, soffrendo, finalmente contro una big del nostro campionato e in più sfatare un paio di tabù fastidiosi (tra i quali i 3 ko consecutivi con Inzaghi), è il viatico migliore per iniziare la lunga volata che porterà alla seconda sosta per il mondiale in Qatar.
Ma c’è di più: come riferisce Il Messaggero, il successo di sabato potrebbe rappresentare lo switch mentale della stagione. Non sono passate inosservate le parole di Mancini ai compagni di squadra dopo il pareggio di Dybala: “Siamo più forti”. Ma anche quelle di Mourinho una bella gara, sceso dal pullman mentre si abbracciava con uno steward del club e Giuseppe Virgili, collaboratore dello staff: “Bravi ragazzi, non abbiamo paura di niente, grandi palle”. Proprio quelle palle che secondo José erano mancate lo scorso febbraio a San Siro, sempre contro l’Inter, e che lo avevano fatto tuonare nello spogliatoio con una reprimenda seconda soltanto alla nottataccia di Bodø.
Poi le gare si possono vincere o perdere per dettagli ma quello che rimane è il risultato. E quelli della Roma, nei confronti diretti con le nobili del nostro campionato rispetto allo scorso anno, sono diversi. Nella passata stagione Mourinho non aveva racimolato un punto nei sei incroci con Inter, Milan e Juventus. Ora, dopo appena due gare, tra l’altro giocate entrambe in trasferta, è già a +4. Sinonimo di un cambio di marcia evidente visto che siamo ancora all’ottava giornata.
Due partite recuperate dopo esser andati sotto nel punteggio. Una prerogativa che già lo scorso anno era emersa con i 16 gol segnati nell’ultimo quarto d’ora di gioco. E una volta può essere un caso, due o tre pure, 16 n. Come le 26 (!) reti segnate da palla inattiva dall’avvento di Mourinho nella Capitale. Che sia una punizione o un calcio d’ angolo, quando la palla si alza, nelle aree avversarie c’è il terrore. Da un anno e mezzo, ormai, non c’è partita nella quale i giallorossi non sfiorino la rete da palla ferma. Trend proseguito quest’estate. Sono già sette i gol, amichevoli comprese. Quattro solo portato in campionato, tre dei quali (due di Smalling e Abraham a Torino) che hanno la bellezza di 5 punti su 16. Un terzo, non poco.
Come non è poco il modo nel quale Mou sta cambiando la Roma. Se è vero che il portoghese rimane il tecnico che in serie A utilizza meno la panchina (4 sostituzioni di media e 648 minuti soprattutto dei subentranti rispetto agli oltre 900 di quelli utilizzati da Sarri e Pioli) a Milano ha mostrato ancora una volta le sue capacità di trasformista. A San Siro è partito senza punte, con Pellegrini a fare il pendolo tra la posizione di falso nueve e quella di trequartista, e ha poi finito con due centravanti.
A Salerno e con la Cremonese aveva schierato i Fab Four; a Udine è partito con il 3-5-2; a Torino per recuperare ha virato prima sul 4-2-3-1 per poi rifugiarsi nel modulo paracadute 3-5-2 una volta agguantato il pari. Non c’è partita nella quale José non s’inventi qualcosa, attingendo ad una rosa che ora gli regala più possibilità di scelta. E se si pensa a quello che Wijnaldum potresti osare a questa squadra, il rimpianto è grande. Bisognerà attendere gennaio ma nel frattempo c’è spazio e tempo per presentarsi all’appuntamento con Gini nel migliore dei modi.
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