Se il “corto muso” diventerà il marchio del calcio del terzo millennio, la Roma sta già diventando regina della tendenza. Per la decima volta in stagione vince con un solo gol di scarto, senza contare che gli ultimi tre successi sono stati tutti per 1-0, scrive La Gazzetta dello Sport.
Così anche in Olanda, contro un Vitesse organizzato ma sciupone, “esporta” questa forma di made in Italy che consente ai giallorossi di mettere un piede ai quarti di finale. Merito di una vittoria faticosa, ma santificata dalla rete di Oliveira che finisce poi espulso per somma di ammonizioni, alzando il tasso di barricate nel finale.
Singolare per una squadra che, con 19 reti, è quella che ha segnato più di chiunque nella Conference. Di sicuro aveva ragione Mourinho a lamentarsi del campo, terribile persino per i Dilettanti, e questo forse non ha agevolato i giallorossi, più tecnici dei rivali, ma un dato di nuovo “alla corto muso” può rasserenare tutti: è la quindicesima gara stagionale in cui la Roma non subisce reti.
Nonostante avesse detto il contrario, Mou cambia mezza squadra rispetto alla gara contro l’Atalanta. In avvio, però, l’esito non è certo dei più brillanti. I giallorossi sono schiacciati dietro, con Maitland-Niles e Vina incapaci di appoggiare l’azione offensiva che latiterà del tutto per una quarantina di minuti.
In mediana, Mkhitaryan è l’unico che prova ad uscire dalla tonnara dove Oliveira rimane impigliato, mentre Veretout in pratica funge da difensore aggiunto. Morale: palle per Zaniolo e Abraham zero. Merito anche di un buon Vitesse che, pur senza fini dicitori, organizza un 3-5-2 con un pressing molto alto. E se il vertice basso del centrocampo, Tronstad, prova a smistare palla, ci sono Bero (più a tutto campo) e Domgjoni che vanno spesso in appoggio alle punte Grbic e Openda, riforniti a turno anche dagli esterni Dasa, vero regista di fascia, e Wittek.
Ne consegue che la prima frazione è un monologo giallonero, con Rui Patricio che già nella prima metà del tempo deve intervenire su Openda e Domgjoni con intelligenza. Se a questo aggiungiamo un gol annullato a Grbic per fuorigioco e un’occasione creatasi da Openda ma conclusa fuori, si capisce chi comanda.
La chance più grossa, però, è un gentile omaggio di Rui Patricio, che perde palla a favore di Grbic; la chance per Openda è ottima, ma la punta spara alto da pochi passi. È il 34’. La sorte evidentemente non gradisce i rifiuti, e così la Roma si sveglia. Al 42’ un gran tiro di Abraham viene evitato da Houwen (ma l’arbitro non vede l’angolo) e in pieno recupero, su azione d’angolo, un tiro sbagliato di Vina innesca Zaniolo, che gira su Sergio Oliveira, la cui piroetta finisce all’incrocio. È il vantaggio più insperato che ci sia, ed il quarto gol in Europa su sviluppi di azione d’angolo. Nessuno in Conference League ha fatto meglio.
Dopo una strigliatina nell’intervallo, Mourinho rivolta la squadra, inserendo Karsdorp, Cristante ed El Shaarawy. La mossa dà i suoi effetti perché il Vitesse, pur continuando a premere, forse per stanchezza non è più tambureggiante. Ne consegue che Rui Patricio deve intervenire due volte solo su Doekhi in mischia e su un colpo di testa di Grbic nel finale.
L’ingresso di Pellegrini per Zaniolo contribuisce a congelare ulteriormente il match. Anzi, la Roma un paio di volte sfiora anche il raddoppio con Abraham, che non sfrutta al meglio un “regalo” di Rasmussen, e con Mancini, il cui colpo di testa su cross di Pellegrini finisce alto di poco.
La sensazione è che, se Oliveira non si fosse fatto espellere, forse i giallorossi avrebbero condotto in porto la gara senza eccessivi patemi, se non per qualche oggetto di troppo che piove dalle parti di Rui Patricio. Niente di grave. Non resta che segnalare un bel gesto avvenuto prima dell’inizio. Sui maxi-schemi è apparsa la scritta “Pace” in inglese e in ucraino. Non banale in una città come Arnhem che nella Seconda Guerra Mondiale ha sofferto i morsi della battaglia. A volte anche il calcio riesce a non dimenticare.
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