Tammy Abraham

ULTIME NOTIZIE AS ROMA TORINO ABRAHAM – Eccolo, in versione mostro, come lo vuole Mou. Così lo ha invocato proprio José, meno di una settimana fa. Più spietato, più cattivo, con personalità: di questo c’era bisogno. Non bastava il ciondolante bambinone che, davanti alla porta si emoziona e stecca, o al massimo prende i legni (sette tra campionato e Conference). Serviva l’acrobata, quello che con la rovesciata allo Zorya ha ribaltato la sua storia romana e ora è ripartito alla grande, scrive Il Messaggero.

Eccolo, Tammy Abraham, più concentrato, più completo, pure più fortunato: difende, attacca, gioca per gli altri e se stesso, mettendoci pure un pizzico di egoismo che non guasta. Del resto, José lo aveva annunciato: «Prima o poi i gol li farà: si deve incattivire». Come se fosse lui stesso a prendersi la responsabilità, perché proprio lo Special in persona lo ha preteso a Roma (che ha messo in preventivo di spendere per lui una quarantina di milioni) dopo l’addio di Dzeko.

Abraham si è svegliato e non si sa (ma forse è così) se questa sua resurrezione dipenda dalla compagnia che Mourinho gli ha messo vicino: a Venezia è andato a segno e aveva Shomurodov al sua fianco, contro lo Zorya ne ha segnati due e vicino aveva Zaniolo, così come contro il Torino. Con Nicolò si cerca, si trova, si abbraccia. Tammy ha smesso di giocare solo per la squadra, ora segna e si traveste da trascinatore, facendo gol, come si chiede a un attaccante.

Fino a ora quattro in Conference (uno al Cska e tre allo Zorya) e quattro in campionato (oltre all’ultimo con il Toro, ne ha segnati uno alla Salernitana, uno all’Udinese, uno a Venezia). Sta cominciando a dare continuità sotto porta, per fortuna. Una continuità dimostrata un po’ solo in avvio, poi dall’infortunio alla caviglia alla vigilia di Juve Roma si è appannato, facendo venire in mente a tanti il suo predecessore Dzeko, quello del primo anno, quello che stava per dire subito grazie e arrivederci. Un attaccante immalinconito per il gol sbagliati. No, non è così per Tammy.

Abraham piace ai tifosi, anche per quella sua faccia da bravo ragazzo, per come si è vestito i colori della Roma. Innamora la sua espressione mentre canta l’inno e tanti bambini entrano allo stadio con la sua maglia numero 9, quella dei bomber. Ma bomber lo sta (ri)diventando proprio ora: la doppietta allo Zorya e poi ieri quasi la bissa.

Dopo il gol del vantaggio, è stato a prendere freddo e a palleggiare per stemperare la tensione, davanti al dischetto, mentre l’arbitro Chiffi ragionava: annullo il rigore o no? Poi, sì. Non se n’è fatto più niente ed è destino che Tammy non calci dagli undici metri: è successo anche contro la Juve a Torino, quando stava per strappare dalle mani il pallone a Veretout. Rigore stavolta cancellato da Chiffi e dunque doppietta mancata. Sarebbe stata la seconda di fila. Rigore saltato per un suo fuorigioco millimetrico, di un tallone. Il tallone di Abraham, che pur di battere aveva scansato il compagno-amico Zaniolo, che voleva la sua prima rete in campionato.

Alla fine è stato sufficiente l’unico gol dell’inglese, per dare la vittoria alla Roma, contro un Toro tosto, abbottonato e pericoloso in ripartenza. Lui, Tammy, ha messo il timbro al primo pallone buono toccato in area: assist di Micki, stop di spalle alla porta, girata e destro all’angolino. Alla fine fa festa, sempre qui davanti ai suoi tifosi, che hanno dimenticato Dzeko. «Amo questo club dal primo giorno, mi sono subito innamorato. Sono un calciatore, ma sono anche un tifoso. Non c’è niente di più bello che segnare il gol decisivo e vincere all’Olimpico. Mourinho? Una delle cose che mi ha detto è che ero troppo buono come calciatore e che devi mostrare aggressività quando diventi un attaccante adulto. Non si tratta sempre di essere gentili sul campo, hai bisogno di carattere, hai bisogno di quella presenza per spaventare i tifosi e penso che questa è una cosa che sto imparando e in cui sto migliorando». E la Roma torna a volare.



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