Francesco Gaetano Caltagirone è un fattore primario nella capitale. Fra Olimpiadi e nuovo stadio dell’As Roma, ha incassato un 2-0 sanguinoso. La giunta Raggi rinuncia ai Giochi per non arricchire i privati e i poteri forti. Ma farà lo stadio dove si arricchiranno privati e poteri forti, con l’eccezione del potere forte romano per eccezione, quello di Caltagirone e della Vianini. La società romana guida l’associazione di imprese incaricata di sviluppare l’area dell’abortito Villaggio Olimpico di Tor Vergata. Vianini partecipa anche al raggruppamento incaricato di realizzare la linea C della metropolitana, una tela di Penelope in versione infrastrutturale che non riesce a congiungersi con la A a San Giovanni per impedimenti archeologici e carenza di fondi pubblici. Nel braccio di ferro fra amministrazione e Vianini rientra la diramazione della metro C prevista a servizio del polo universitario-olimpico di Tor Vergata dove la Vela di Santiago Calatrava torreggia in attesa di completamento. Il trasporto pubblico è la componente centrale anche nel progetto del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, curato da Luca Parnasi, anienista come il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni e come lo stesso Caltagirone.
«È un processo di una complessità incredibile», dice Parnasi. «Ma ci sono le premesse per fare qualcosa di buono per la città». L’iter procede con due tipi di difficoltà. La prima è legata ai collegamenti. L’assessore Paolo Berdini, urbanista di mestiere, è intervenuto sul progetto del suo predecessore nella giunta Marino e collega Giovanni Caudo chiudendo la strada alla diramazione della linea B verso lo stadio, osteggiata dai tecnici dell’Atac e problematica per i residenti del quartiere Eur. Per mantenere l’obiettivo di portare allo stadio 20-22 mila persone su ferro si punterà tutto sulla Roma-Lido, una delle peggiori linee ferroviarie d’Europa, che dovrebbe passare da quattro treni (teorici) l’ora a sedici: uno ogni quattro minuti. Con Marino si era calcolato un costo di 188 milioni di euro per comprare i nuovi convogli. Nel frattempo, senza fare nulla, il calcolo ha già superato i 200 milioni che corrispondono al contributo a carico dei privati in opere durante i 36 mesi necessari alla realizzazione dell’impianto, che costa altri 200 milioni di euro. E qui sorge il secondo problema.
Per reggere un anticipo di 400 milioni di euro per 36 mesi ci vogliono investitori con le spalle molto solide. Si è detto fin dall’inizio che il proprietario della Roma, Jim Pallotta, li avrebbe trovati. Ma il quadro politico traballante della capitale non è la premessa migliore per rischiare capitali. Secondo quanto risulta a “l’Espresso”, i fondi israeliani che si erano raccolti dietro il progetto dell’archistar Daniel Libeskind si sono ritirati. «Non so chi siano», commenta Parnasi. È questo il motivo per cui Pallotta ha incaricato Goldman Sachs di cercare altri finanziatori nella prospettiva, smentita dallo hedge funder statunitense, di cedere il club. Così anche intorno ai giallorossi, come prima è accaduto con Inter e Milan, sono emerse le ombre cinesi. Con metodo altrettanto cinese, Caltagirone aspetta il cadavere del nemico sulla riva del fiume. Lo 0-2 incassato in questi giorni potrebbe diventare un 2-0 a suo favore.
(L’Espresso – G. Turano)
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