AS ROMA NEWS SOULOUKOU – Una donna sola al comando della Roma: Lina Souloukou, ceo giallorosso e unico dirigente in carica nell’enorme vuoto di potere che vige a Trigoria. Con Dan Friedkin occupato a gestire l’intero business del gruppo, oltre che la scelta del nuovo ds, e il vicepresidente Ryan uomo ombra di Daniele De Rossi. Una fase di passaggio perfetta, mentre si moltiplicano le voci che vogliono il club nel mirino dei fondi d’investimento arabi, per tessere la propria tela, scrive La Repubblica.
L’obiettivo del dirigente greco ormai è chiaro ai più: mettere il più possibile le mani (e i propri uomini) sulla Roma. E accentrare su di sé ogni decisione tanto a Trigoria quanto a Viale Tolstoj. Lina Souloukou ha in mano il progetto dello Stadio, cura i rapporti con la Uefa, rappresenta la Roma in Lega e gestisce tutto il comparto corporate del club.
In più l’ufficio risorse umane fa capo a lei (oltre 120 persone nella Roma sono in scadenza il prossimo 30 giugno), chiama agenti e calciatori, procaccia sponsor andando in conflitto con il capo del marketing Michael Wendell. Nelle ultime settimane è partito l’assalto al ruolo di direttore sportivo, reparto scouting e comunicazione.
Per prendere sempre più spazio nelle grazie di Dan e Ryan Friedkin, giornalmente aggiornati sul lavoro fatto approfittando dell’assenza di figure dirigenziali in posizioni cardine. Manager che magari conoscano anche cosa sia la Roma per i suoi tifosi. Perché la figuraccia fatta dalla società ai funerali di Giacomo Losi è una macchia difficilmente cancellabile. Lunedì pomeriggio non c’era tempo. L’importante in questo momento di rivoluzione è guadagnare posizioni. E compiacere la proprietà.
Un lavoro politico di cui la Ceo giallorossa è maestra dai tempi di Madrid e Atene. Intrattenere rapporti, stringere amicizie e lavorare nell’ombra. Senza mai apparire. Spingendo la candidatura di dirigenti a lei più vicini, proponendo il suo ex braccio destro all’Olympiakos, François Modesto, per il posto lasciato vacante da Tiago Pinto.
Per ora, però, non c’è il placet di Dan Friedkin. Adesso il nome nuovo portato sulla scrivania del presidente è quello di Dario Baccin, attuale vicedirettore sportivo dell’Inter. Trame, portate avanti negando però ogni tipo di ingerenza nel processo decisionale. Un passo indietro rispetto alle luci della ribalta. Ma onnipresente dietro le quinte.
Come nella trattativa Baldanzi. Pensata e gestita dal dimissionario Tiago Pinto insieme all’agente del calciatore e il Sassuolo. Fino ad un certo punto. Perchè per il rush finale serviva esserci e firmare la trattativa più importante degli ultimi due anni. Intestandosi con la proprietà americana la buona riuscita dell’operazione. Compreso il via libera arrivato dalla Uefa per il suo investimento, grazie ai buoni rapporti del dirigente greco con le alte sfere di Nyon.
Poco importa se lo spazio nel transfer balance non sia arrivato grazie a Ceferin, ma per una mera questione di numeri, tra cessioni e conteggi fiscali. L’importante è il racconto. E la forma. Senza mai apparire. Come le foto di presentazione di Baldanzi da solo, senza un dirigente accanto come accade sempre con i nuovi acquisti.
È la Roma come club che presenta il calciatore e dimostra il cambio di rotta rispetto al passato. Come recita un famoso sketch: Lina Souloukou non apre l’armadio, lo indica. Una posizione intermedia comoda per prendere meriti e scansare colpe. Ma terribilmente ibrida al momento di prendere decisioni, il più grande problema dentro Trigoria. A tutti i livelli. Il ritardo nella scelta di un direttore sportivo è il manifesto di questo immobilismo.
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