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Rassegna stampa

Roma, via all’era Friedkin. Qui rischiano tutti

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NOTIZIE AS ROMA FRIEDKIN – Buon lavoro, mister Friedkin. Con la spietata chiarezza del calcio europeo, il Siviglia ha mostrato al nuovo proprietario quanto sarà lunga la strada per riportare la Roma a un livello importante. Come ha detto il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, l’investimento del texano (591 milioni di euro) «è il segnale che il nostro calcio ha appeal». Però è quello dove sono ancora importanti Ibrahimovic e Ribery, Dzeko e Mkhitaryan, Lucas Leiva e Pandev, Quagliarella e Palacio. Si gioca a metà velocità.

I piani per la ricostruzione giallorossa sono chiari: cedere i giocatori poco o per niente utilizzati da Fonseca (Pastore ha un contratto da 4,5 milioni netti a stagione fino al 2023; Juan Jesus; Santon; Perotti; Fazio); abbassare un monte ingaggi insostenibile; capire cosa fare di giocatori pesantissimi nello spogliatoio ma con una carta d’identità eloquente (Dzeko e Kolarov hanno 34 anni, il nuovo acquisto Pedro, già infortunato, ne ha 33, Mkhitaryan 31); rivedere le situazioni di molti calciatori in prestito, a partire da Schick e Florenzi, passando da Olsen, Karsdorp e Coric; cercare di non svendere Cengiz Under e Kluivert, che Fonseca non ha minimamente valorizzato.

Un lavoro titanico, soprattutto per una società che praticamente non ha direttore sportivo dopo il licenziamento di Gianluca Petrachi. Le funzioni, più che da Morgan De Santis, pronto a fare il dirigente ad Ascoli per mettersi davvero alla prova, sono state inglobate dal Ceo Guido Fienga, ma è chiaro che serve al più presto un dirigente per gestire il mercato che chiuderà il 5 ottobre. Nello stesso mese verrà nominato il nuovo Consiglio di amministrazione, che potrebbe essere ridisegnato da capo. Chi comanda, del resto, sceglie.

Fienga sarà la figura di collegamento tra passato e presente, ma dentro Trigoria non ha solamente amici e i numeri del bilancio — un rosso a tre cifre — sono comunque pesanti e possono facilmente essere terreno di attacchi. Le parole dette ieri sera da Edin Dzeko dopo la sconfitta («Non siamo mai stati in partita, dal primo all’ultimo minuto. Ci hanno surclassato in velocità e tecnica, in tutto») non sono soltanto un attacco alla tattica di Paulo Fonseca ma qualcosa di più: il segnale che qualcuno, a partire da lui, potrebbe chiedere di andarsene. A 34 anni non è facile aderire a un progetto a lunga scadenza, soprattutto se Conte ti vorrebbe all’Inter che giocherà la Champions e che vorrebbe vincere subito.

La grande domanda che si pone davanti a Friedkin è: fare la rivoluzione o gestire il momento difficile il primo anno e fare un passo alla volta? Il toto d.s. è già iniziato alla grande ma per ora ripropone minestre riscaldate: Sabatini, Pradè e il licenziato Petrachi. Chissà se Friedkin, invece, non avrà il coraggio di una mossa spiazzante come quella che il Milan non ha voluto fare con Rangnick.

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L’eredità lasciata da Pallotta è molto pesante. I primi nove mesi della gestione 2019-2020 si sono chiusi con un rosso di 126,4 milioni di euro. A questo punto i circa 90 milioni che Friedkin immetterà direttamente nel club e che il bostoniano voleva invece per se stesso, per non uscire con una perdita intorno ai 100 milioni, saranno ossigeno ma non permettono voli pindarici.

Quello che Friedkin può in questo momento promettere è il mantenimento in rosa di Zaniolo e Pellegrini, sui quali provare a costruire una squadra futuribile. L’idea dominante è che possa farlo Fonseca, forte soprattutto di un contratto pesante anche per la prossima stagione. La gestione del tecnico portoghese, però, è stata fortemente ondivaga.

Ha iniziato con la difesa a 4, è passato a quella a 3 che ha dato risultati nel campionato del post-Covid (7 vittorie e il pareggio con l’Inter) ma è stata ridicolizzata dal Siviglia, con la Roma che ha fatto un solo tiro nello specchio della porta. Nel finale di gara, sostituendo Kolarov con Villar, il portoghese è tornato a giocare il suo prediletto 4-2-3-1. Poche idee, ma confuse. Nessuno nella Roma è più sicuro del suo posto, ma l’alleato di tutti è il tempo. Poco.

(Corriere della Sera – L. Valdiserri)

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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