AS ROMA NEWS BAYER LEVERKUSEN MOURINHO – Le strade tedesche sono piene di traffico a caccia del weekend lungo, perché questo giovedì, in Germania, è giorno di festa. Si tratta dell’Ascensione (e festa del Padre), che nella interpretazione laica data dai tifosi del Bayer Leverkusen, significherebbe approdare alla finale di Europa League, scrive La Gazzetta dello Sport.
Una sorta di assunzione in cielo, verrebbe da dire, nonostante l’ottimismo che professa il tecnico Xabi Alonso. «Ce la possiamo fare», dice l’ex stella del Real Madrid, mentre la stella Wirtz afferma: «È la partita più importante della stagione, e non abbiamo bisogno di miracoli».
A dividere la sicumera dalla realtà c’è però lui, José Mourinho che – in attesa di decidere il proprio avvenire – intende traghettare la Roma alla quinta finale di coppa europea della propria storia (Coppa delle Fiere compresa) e alla nona personale, considerando le cinque vinte alla fine di un cammino stagionale (2 Champions League, 1 Coppa Uefa/Europa League, 1 Conference) e le tre Supercoppe perse in partita secca. E allora occorre sentirlo con attenzione, perché le sue sono parole da prestigiatore, in grado di evocare qualsiasi realtà.
«Se non avessi l’ambizione di cercare di alzare la Coppa – spiega il portoghese -, potrei dire che l’abbiamo già vinta perché siamo gli unici fra i semifinalisti che hanno disputato solo l’Europa League. Ma questa è teoria: uno dei quattro la porterà a casa, però avrebbe molto più valore per una squadra che da domani ha fatto 14 partite in questa manifestazione rispetto a chi è stato costruito per fare i gironi di Champions, anche se questo fa parte della bellezza della Europa League».
Il messaggio che vuole far passare è chiaro: stiamo facendo qualcosa di insperato. «Col Betis Siviglia è stata dura: i playoff li abbiamo giocati contro una squadra scesa dalla Champions come lo Strasburgo, la Real Sociedad è già qualificata in Champions, il Feyenoord è già campione d’Olanda».
E il finale lo aggiungiamo noi: il Bayer Leverkusen, già battuto all’andata, è precipitato anche lui dalla Champions. «Certo, sarebbe meglio giocare all’Olimpico – aggiunge Mou, che però oggi vedrà la Roma accompagnata da 1800 supporter -, sarebbe una storia diversa. Ma la prima partita in casa contro i tedeschi è stata mentalmente difficile per noi, sapendo che dovevamo vincerla».
Sul fatto che i bookmaker diano la Roma favorita per la vittoria finale, è deciso: «Scaramantico zero, bookmaker zero, favorito zero. Quando si arriva in semifinale c‘è il 50% di possibilità di andare in finale e il 25% di vincere. Questa è la mia unica scaramanzia. Non so però che verso prenderà la partita. Difficile da dire. Noi vogliamo arrivare in finale. C’è tanto da giocare, e di questo abbiamo parlato oggi. Con l’1-0 dell’andata, né un gol del Bayer e né un gol della Roma può deciderla subito: è lunga». Anche se l’ansia non fa parte del suo bagaglio. «Prima delle partite dormo sempre sereno, semmai ho problemi a prendere sonno dopo – a prescindere da quale sia il risultato – per via della adrenalina».
A proposito di attese, ansia e adrenalina, anche tutte quelle legate al futuro dello Special One tengono in sospeso i tifosi della Roma, che nel primo giorno della campagna abbonamenti hanno già staccato oltre settemila tessere. Le voci sui corteggiamenti discreti del Psg sono forti, così come i cori che gli hanno riservato gli ultrà del Real Madrid in trasferta a Manchester.
«Il mio focus è solo sulla partita col Bayer – replica però Mourinho senza scomporsi -. Non so se andiamo in finale e ne so molto meno sul mio futuro». Il corollario è ecumenico. «Il presente è più importante, perché il passato è passato e il futuro non lo conosciamo. Mi è successo col Porto di giocare due finali consecutive (vinte, ndr.). Vorrei arrivarci, e non tanto per me. Sono diventato una persona diversa, penso più agli altri che a me stesso. Lo vorrei per i tifosi, che sono straordinari, e per i ragazzi, che rappresentano un gruppo incredibile. Danno assolutamente tutto, perciò meritano tanto. Ma sappiamo che nessuno ti regala niente e perciò dovremo fare una partita straordinaria per arrivare in finale».
Budapest, in fondo, è lontana solo pochi battiti di cuore. Battiti accelerati, naturalmente, come si conviene a una sfida senza domani.
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