(Gazzetta dello Sport – A. Frosio) Dopo sette anni, la Roma torna a vincere una partita di Champions in trasferta. Il peso del successo, tuttavia, si limita al dato temporale, perché pur nel territorio positivo dei tre punti arriva un risultato striminzito e non ricco di gioco. La classifica del girone di Champions non dispiace, in particolare il secondo posto provvisorio regalato dal successo del Chelsea a Madrid, ma la Roma si è giocata il jolly. A Baku è facile pensare che vinceranno anche le altre, perché il Qarabag è già contento di aver tagliato il traguardo della fase a gruppi e perché lo stadio Olimpico non ha il supporto, presunto alla vigilia, di un Paese intero: le cifre ufficiali parlano di 67.200 persone, ma basta un’occhiata per notare troppi posti vuoti. E quelli occupati, non sono nemmeno rumorosi. Danno quasi più fastidio il vento e la pioggerellina fredda, più insistenti delle fragili trame del Qarabag.

TROPPO POCO – Sulla legittimità, e anche l’importanza, del successo giallorosso invece non ci piove, anche se resta la sensazione dell’occasione persa, soprattutto perché dopo un quarto d’ora la Roma è già sul 2-0. In scioltezza: Manolas mette la testa su un tiro di Pellegrini, Dzeko punisce l’amico Sehic a conclusione di un triangolo stretto tra le tre punte, una specie di lavagna in movimento delle teorie tattiche di Di Francesco. Che alla vigilia aveva chiesto cattiveria e voglia di fare il risultato. Accontentato: primi due tiri, due gol. Sembra il principio di un diluvio di gol – due settimane fa il Chelsea agli azeri ne ha rifilati sei –, magari anche approfittando di un avversario malleabile per affinare meccanismi e intese. Invece basta. Troppo presto. E troppo poco. Nella ripresa appena tre conclusioni serie, tutte ispirate da Dzeko: ma due concluse dai terzini, una da Florenzi nel finale.

SOTTO RITMO – Di Francesco propone cinque cambi rispetto alla partita con l’Udinese, ma più degli uomini è il ritmo a non convincere. Il calcio del tecnico giallorosso funziona se le combinazioni in fase offensiva vengono attuate con pochi tocchi, e sincronia al limite della perfezione. Invece la Roma gioca sotto ritmo, come se avesse un paio di marce nel motore ma senza la capacità di usarle. Sono 102 i chilometri percorsi, in una competizione in cui la media è 110. Si potrebbe ipotizzare un retropensiero al Milan, prossimo avversario in campionato, ma è più semplice analizzare i motivi delle difficoltà. Nainggolan sembra più concentrato sulla posizione da tenere (che non trova) piuttosto che libero di sprigionare il proprio istinto, e di certo non aiuta la prestazione di Gonalons, al quale pure non dovrebbe mancare l’esperienza in partite del genere. Invece l’ex Lione fa fatica a proporsi, non rappresenta il fulcro delle azioni, non si propone – così l’azione, con tutto il Qarabag sotto-palla, deve sempre partire dai due centrali di difesa -, soprattutto perde palloni sanguinosi in una posizione che non ammette quel tipo di errori. Sul più grossolano, il mobilissimo centravantiNdlovu gli porta via palla e innesca l’elettrico Henrique: controllo e tiro, partita che sembra riaperta.

CAMBI – Sembra, appunto, perché pur non brillando i giallorossi riescono a controllarla, con Pellegrini che è il più continuo a proporre tocchi di prima e a farsi vedere nell’interlinea della trequarti, con Kolarov che invita da sinistra, con qualche buon movimento del tridente, e Defrel spreca una sontuosa verticalizzazione di Dzeko sul finire di primo tempo: il 3-1 avrebbe riavviato l’ipotesi della goleada. Invece il Qarabag si rianima a inizio ripresa con il 4-3-3 che alza gli esterni e costringe a maggior attenzione i terzini giallorossi, la pioggia accompagna il furore azero del primo quarto d’ora in cui la Roma sembra perdere un po’ presa sulla partita. I cambi aiutano però Di Francesco. Florenzi per Defrel (problema muscolare al flessore sinistro, niente Milan) aggiunge attenzione a destra, De Rossi per Gonalons riporta equilibrio e presenza scenica in mezzo al campo. Con un ultimo brivido, il colpo di testa di Ndlovu che sfiora il palo: ecco il rischio europeo di non chiudere le partite. Certo, con i quattro punti in classifica si può pensare con maggior tranquillità a come migliorare. Le basi non mancano.



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