Da ieri, forse, sarà un po’ meno tormentato del solito. Almeno stavolta, visto che quella strada oramai l’ha presa e non c’è più spazio per i ripensamenti. Da ieri è ufficiale quello che era ufficioso da quasi dieci mesi: Walter Sabatini non è più il direttore sportivo della Roma, anche l’ultimo dirigente della prima Roma americana dice addio. «Vorrei ringraziare Walter per quello che ha fatto per la Roma e per la sua dedizione nei confronti del club — ha detto il presidente James Pallotta —. Vorrei anche ringraziarlo per tutto quello che ho imparato da lui». Con un invito personale: «Smetti di fumare per favore!».

FOCOLAI – Quell’invito lì è difficile che Sabatini lo accolga, nonostante poi le condizioni di salute non è che abbiano accompagnato con delle dolci carezze il percorso dell’ex d.s. giallorosso. Quelle dolci carezze che Sabatini non è riuscito a regalarsi neanche questa volta, a metà tra il tormento di non aver vinto nulla in queste cinque stagioni (e un pezzetto) giallorosse e le differenze di vedute con la proprietà americana. Che, strada facendo, sono diventati solchi impossibili da colmare. Che poi Sabatini volesse lasciare si sapeva, tanto che già a febbraio scorso, subito dopo la chiusura del mercato invernale, scrisse una mail per essere lasciato libero, ribadita poi anche a marzo. «Sentivo e sento ancora adesso uno scollegamento tra me e Pallotta — disse il d.s. a giugno, in una intervista rilasciata alla Gazzetta — Lui aveva accettato, poi ha cambiato idea. Per un po’ mi sono sentito come un prigioniero».

ATTRITI – Sabatini chiarirà il tutto oggi alle 13 (dopo aver salutato dipendenti e giocatori, ieri ha parlato con Spalletti e Baldissoni). Ma il senso del malessere interno è stato anche questo, il fatto di non sentirsi libero, lui che della libertà ha fatto un caposaldo della sua vita. Libero nelle scelte, nel fare e nel disfare, anche eventualmente nello sbagliare. Una sensazione fondamentale per lui, che quando andò via un suo amico come Franco Baldini, tanto per capirsi, commentò così: «Ora mi sento più libero. Se non si fosse dimesso lui, lo avrei fatto io». Baldini però non ha mai abbandonato Pallotta o forse è più vero il contrario, visto che Pallotta gli ha fatto firmare un contratto come consulente personale. Nel frattempo a Trigoria sono però cambiate delle cose. Sono spuntati gli uomini americani di Pallotta, ad iniziare da Alex Zecca. È spuntato anche il famoso software di Chris, il figlio di Pallotta, ispirato al film Moneyball. Filosofie agli antipodi. Quella di Sabatini e degli americani, appunto. «Sono investitori, il mio modo di pensare il calcio è diverso dal loro — ha detto l’ex d.s. — Per me il pallone è una sfera magica, ci vedo l’universo intero. Altri invece notano solo la sfera di plastica».

TOP & FLOP – In questi cinque anni e più Water Sabatini ha movimentato oltre cento giocatori, tra entrate e uscite, regalando alla Roma una ricchezza inconfutabile: la patrimonializzazione, che anche il bilancio chiuso ieri (esercizio 2015-16) fissa in 192,6 milioni di euro, con un +43% sull’anno precedente (134,7). Quando arrivò, nell’estate 2011, il dato era 37,4, tanto per intendersi. Una crescita senza fine, nonostante nel suo percorso ci siano stati anche alcuni errori come Doumbia (14,5+1,5 di bonus), Iturbe (24,5) e Juan Jesus (10) e altri meno pesanti come Uçan (4,75), Kjaer (3,5) e Destro (16). Ma anche tante operazioni indovinate: Marquinhos, Strootman, Pjanic, Benatia, Lamela, Manolas, Castan, Nainggolan e Salah, solo per citare le maggiori. Il futuro ora è nelle mani di Frederic Massara, da Trigoria giurano sia già pronto. È stato l’ombra di Sabatini per anni, il suo delfino, e con lui magari un po’ di Sabatini continuerà a vivere ancora dalle parti di Trigoria e dintorni.

FAIR PLAY – E proprio parlando di conti, ieri alla Roma hanno fatto i salti di gioia per la chiusura del bilancio 2015/16: il rosso è sceso a -13,98 da -41,16 (miglioramento del 66%), nonostante la crescita degli stipendi (da 136 a 155). Un miglioramento dentro i parametri del financial fair play (doveva essere -30) e possibile grazie all’aumento dei ricavi (219,42, la prima volta oltre i 200 milioni) e la gestione operativa netta dei calciatori, positiva per 64,2 milioni. Il motivo? I 77,5 milioni di plusvalenze, immaginate fatte da chi? Ad occhio e croce, mancherà molto di più Sabatini alla Roma che non viceversa.

(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese)



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