Marco Giampaolo e Eusebio Di Francesco

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini/D. Stoppini) Quando, sfogliando i dati Istat, si scopre che l’Abruzzo – un milione e 300 mila abitanti – è una delle regioni italiane con più basso tasso di mortalità per tumori, con minori emissioni di gas serra per abitante, con maggiori consumi di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e con minore diseguaglianza nella distribuzione dei redditi, la domanda sembrerebbe d’obbligo: ma chi gliel’ha fatto fare? Chi gliel’ha fatto fare a Marco Giampaolo, Eusebio Di Francesco, Morgan De Sanctis, Francesco Tomei e Stefano Romano di uscire dal loro paradiso terrestre (si fa per dire: i problemi non mancano) per calpestare l’erba tagliente di un calcio avvelenato? Se avranno il tempo e lo spirito giusto, ne parleranno sabato dopo Samp-Roma. Una sfida avvinghiata tra il mare Adriatico e l’Appenino, nata su campi polverosi e cresciuta attraverso sogni ad occhi aperti. Fino ad arrivare alla prossima notte di Marassi.

GIAMPAOLO LO SVIZZERO – Per capirli, a volte non c’è bisogno di credere all’anagrafe. La carta d’identità racconta che Giampaolo è nato a Bellinzona, in Svizzera, ma gli spostamenti dei genitori, così come gli ospedali di nascita, non danno l’idea delle radici. Non è un caso che l’allenatore di Giulianova racconti: «Stimo Di Francesco. Ho allenato suo figlio, è stato un piacere. E il papà mi piace». Marco non ha solo allenato Federico Di Francesco. Di fatto, gli ha costruito la carriera dopo che il figlio di Eusebio si era ritrovato disperso tra Parma e Pescara, due buste di una comproprietà con zero euro scritti per il riscatto. Ecco allora la Cremonese in Lega Pro: Federico inizia (male) con Montorfano allenatore, poi quest’ultimo viene sostituito a novembre da Giampaolo. Prima partita e Federico segna subito. È solo l’inizio di una scalata che oggi ha portato Di Francesco jr. in Serie A. Anche grazie a Giampaolo. «Rabbia e orgoglio vanno di pari passo», ha sempre detto. Una frase alla Oriana Fallaci, che si specchia con un’altra delle sue massime preferite: «Dignità e orgoglio non hanno prezzo». Parole che potrebbero sembrare vuote, se lui non le avesse riempite di gesti, come dimissioni date senza rimorsi a presidenti superficiali o vittime degli ultrà. Non sorprende che uno come lui sia stato esaminato dalla Roma per il dopo Spalletti. Ma strappare Giampaolo dal mare non sarà semplice.

ORGOGLIO EUSEBIO – Forse, però, gli abruzzesi un problema ce l’hanno. Il motto coniato dal giornalista e diplomatico Primo Levi, «Abruzzo forte e gentile», rende poco l’idea della tenacia che li spinge. Di Francesco, in fondo, ne è la dimostrazione. Da quando è alla Roma, infatti, deve combattere anche contro uno scetticismo strisciante che lo inchioda al passato spallettiano. Ma Eusebio è uomo che sa sbattere i pugni. «Dopo aver lasciato il mio posto da team manager nella Roma – ha raccontato il tecnico, nato a Pescara ma cresciuto a Sambuceto, che fino a 15 anni faceva il cameriere nell’hotel di famiglia – andai a gestire uno stabilimento balneare a Pescara. All’alba pulivo la spiaggia col trattorino ed ero in pace col mondo, neanche sapevo i risultati delle partite. Dopo due anni il presidente della Val di Sangro mi offrì di collaborare: non avevo patentino, ero un biglietto da visita con i grandi club, ma è stata un’occasione. Me ne andai perché non condividevo l’esonero del tecnico Pierini». Che ora è con lui, insieme a Stefano Romano, di Castiglion Messer Raimondo, collaboratore tecnico, e al vice Francesco Tomei, di Pescara. Sono la dote che Di Francesco porta con sé, pochi hanno la fortuna di poter coniugare amicizia e bravura.

DE SANCTIS RADDOPPIA – Se non bastasse, nella Roma ha cominciato la sua seconda vita anche Morgan De Sanctis, di Guardiagrele. Ora è club manager, pronto anche a prendere il patentino da allenatore. Possibile che non gli servirà mai, ma con l’aria che si respira in Abruzzo, meglio non mettere limiti alla provvidenza. Non ci credete? Be’, vi avvisiamo che in Serie B sono abruzzesi anche Grosso (Bari), D’Aversa (Parma), Camplone (Cesena) e Vivarini (Empoli). Chissà che la prossima Serie A non racconti storie forti e gentili.



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