Nella carta di identità di Jorge Bergoglio il pallone fu citato subito, poche ore dopo l’habemus papam. Segni particolari: tifoso del San Lorenzo de Almagro di Buenos Aires. Da una vita. E così, oggi che la squadra argentina torna in Italia per l’amichevole con la Roma di Spalletti all’Olimpico (ieri le due squadre sono state ricevute dal Papa in Vaticano in una giornata «stupenda», parola di Totti, tutto l’incasso sarà utilizzato per aiutare le popolazioni terremotate), quella professione di fede calcistica più volte rivendicata, torna alla ribalta. D’altronde una delle prime uscite pubbliche del nuovo Pontefice fu proprio l’incontro con la sua squadra del cuore. Tre anni fa, sul sagrato di San Pietro, Francesco ricevette i suoi calciatori preferiti, freschi vincitori del campionato. Che gli consegnarono una copia della coppa conquistata, in quella stagione dedicata a Miguel Sanchez, maratoneta argentino desaparecido.
CHE COLLEZIONE – Tante storie sono passate in Vaticano in questi anni. Tante coppe, tanti palloni e tante maglie sono stati regalati al Papa fino al punto che Francesco dispone di una vera e propria bacheca per la collezione: da quella autografata da Leo Messi, «con simpatia», alla casacca da numero uno del Bayern, passando naturalmente per il dono firmato Diego Armando Maradona. Ora si è aggiunta quella consegnata ieri dalla Roma in visita, con scritto «Francesco» e «1». In un incontro molto poco protocollore, con il Papa divertito dalla cresta di El Shaarawy. Ma attenzione, il calcio e lo sport di Papa Bergoglio non sono solo colore e battute. Il suo pallone è diventato anche uno strumento di diplomazia, ma soprattutto un’opportunità sociale. Se al momento della fumata bianca fu istintivo definire Francesco il «Papa tifoso», oggi quell’espressione appare riduttiva.
LA SVOLTA DI OTTOBRE – Non è la prima volta di un Papa «sportivo». Wojtyla era stato canoista, alpinista e tennista. Ratzinger passò alla storia dei rapporti fra Vaticano e sport per aver parlato (prima volta per un Pontefice) di lotta al doping. Ma l’impegno di Francesco sta per scrivere una pagina del tutto nuova. Fra un mese si terrà il convegno «Fede e sport», con il presidente del Cio, Thomas Bach e il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Kii-moon. Ci saranno 150 personalità religiose delle varie confessioni, campioni e rappresentanti delle istituzioni dello sport.
IL GOL DEL MITO – Sono passati 70 anni dalla scena madre della sua passione sportiva, quel famoso gol di Renè Pontoni al Racing, un pallonetto all’indietro che salta due avversari prima della conclusione vincente, il San Lorenzo che diventa campione e il giovane tifoso diventato Papa che a distanza di tutto questo tempo continua «a ricordare come fosse ieri». Tanto che ieri, Bergoglio ha regalato alla Roma una maglia di quel San Lorenzo 1946. Già prima di diventare Papa, era stato vicino ai suoi colori calcistici da sempre, fino alla famosa marcia dei centomila, che chiese e poi ottenne, pochi mesi fa, il ritorno del San Lorenzo sul terreno del mito, il Vecchio Gasometro, l’area che avrebbe dovuto ospitare un supermercato. La sua tessera numero 88235, costo 120 pesos l’anno, è uno dei tratti più ricordati della sua biografia. Come la passione per il basket del padre, tanto che ieri il San Lorenzo ha regalato al Pontefice una canottiera con il nome Jose Mario.
«NIENTE PAREGGI» – Ma il calcio di Francesco non è solo ricordo e passione per i propri colori. È metafora, per esempio. In questi anni, il Papa ha utilizzato il pallone per spiegare che la «vita va vissuta giocando sempre per la vittoria, senza accontentarsi di un mediocre pareggio». Mentre l’individualismo da respingere è rappresentato dal giocare «mangiandosi il pallone» e ignorando il compagno di squadra.
PERCHÈ SAN LORENZO – Pontoni a parte, il mito sportivo di Francesco è Lorenzo Massa, il sacerdote che «inventò» il San Lorenzo dandogli, suo malgrado, il nome. A raccontare questa storia fu un altro grande tifoso del San Lorenzo, Osvaldo Soriano, quello che scrisse «il rigore più lungo del mondo». Massa offrì i campi dell’oratorio ai giovani che giocavano per la strada. Quegli stessi giovani, in segno di riconoscenza, si offrirono di intitolare la squadra alla generosità del sacerdote. Che disse, però, modestamente, di lasciar perdere. Allora i ragazzi tornarono alla carica con una «scusa» vincente: San Lorenzo non era un omaggio al prete, ma il luogo di una mitica battaglia per l’indipendenza argentina. Via libera.
I TRE FRANCESCO – Forse per tutto questo nella collezione «sportiva» di papa Bergoglio, il momento di maggiore commozione è venuto un giorno di giugno di due anni fa, quando si festeggiavano a San Pietro i 70 anni del Centro Sportivo Italiano. Quel giorno Francesco incontrò un altro Francesco, Francesco Messori. Che rappresentava la nazionale azzurra degli amputati, e che a un certo punto si tolse la fascia e la consegnò al Papa dicendo: «Ci serve un capitano». E visto che parliamo di capitani, oggi ce ne sarà uno in campo con una maglia speciale: per un giorno avrà soltanto «Francesco» sulla schiena, niente «Totti». Un omaggio al Papa, alla sua umanità, ai tanti palloni della sua vita.
(Gazzetta dello Sport – V. Piccioni)
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA