Totti, sei mesi fa, De Rossi a Cagliari. Punire i due simboli per educare lo spogliatoio. Esagerare con i capitani romani per imporre la propria leadership. Spalletti ha scelto questa strada comunicativa, con due interventi punitivi a distanza ravvicinata, molto duri e destinati a far discutere. In tutto questo è arrivata anche la frenata di Cagliari, con un pareggio subìto in rimonta che apre processi e mette in discussione la solidità della Roma. Quando ancora non è neanche cominciato settembre. La difesa necessita di molto lavoro, in particolare Vermaelen e Manolas hanno bisogno di tempo per collaudare la coppia. Si registra poi un difetto di personalità, una immaturità nel gestire le situazioni di difficoltà che sorprende un po’ tutti anche dentro Trigoria. Da lì lo sconforto del tecnico, sfociato nel plateale tuffo a pancia in giù davanti alla panchina del Sant’Elia al fischio finale, con i pugni battuti in terra. «Può sembrare scarsa personalità – l’ammissione di Spalletti nel post partita – in alcuni momenti siamo ancora fragili. Sicuramente non abbiamo ancora raggiunto l’equilibrio e la tranquillità. Di chi è la colpa? Dell’allenatore». Allenatore che ha levato la fascia di capitano a De Rossi, provvedimento disciplinare a tempo (ma non è dato sapere fino a quando) arrivato a seguito del rosso diretto preso dal giocatore contro il Porto. Decisione che non fa piacere al numero 16, che però ha capito e accettato. Con la memoria che è andata al recente episodio legato a Totti.
Era il 21 febbraio scorso, giorno in cui il tecnico giallorosso allontanò Francesco dal ritiro di Trigoria, escludendolo dai convocati della gara col Palermo, a seguito delle pesanti dichiarazioni rilasciate dal numero dieci al tg uno («Vorrei giocare, merito più rispetto per quello che ho dato alla Roma»). Un’esclusione che fece parlare le testate sportive di tutta Europa, presa da Spalletti per dare un segnale di forza a uno spogliatoio in fase di ricostruzione dopo il periodo garciano. Decisione impopolare, che costò al mister toscano i fischi dello stadio Olimpico, con il Palermo, ma che, nella sua ottica, lo ha aiutato ad aumentare la stima nei suoi confronti da parte della squadra. Stesso principio del degradamento di De Rossi, ora in nazionale insieme a Florenzi. Toccare gli intoccabili, scalfire le certezze di un gruppo messo in discussione nella sua totalità. Undici giorni sono stati sufficienti a perdere la possibilità di andare in Champions e a zoppicare in campionato: società e allenatore non possono permettersi altri passi falsi. Ora la sosta del campionato raffredderà i nervi e aiuterà a lavorare il gruppo, con gli impegni dei vari nazionali utili per staccare dallo psicodramma romano. Sabato, all’Olimpico, si giocherà l’amichevole all’interno della giornata della famiglia con il San Lorenzo. La presenza di Papa Francesco è al momento esclusa, nonostante sia stato lui a promuovere con forza l’evento. Intanto mancano due giorni solamente, compreso oggi, alla chiusura del mercato. Una corsa contro il tempo, quarantotto ore per dare un altro centrocampista a Spalletti.
(La Repubblica – F. Ferrazza)
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