(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese) Schivo, riservato, quasi timido. O, se volete, di poche parole. Quanto basta però per far sognare lo stesso i tifosi della Roma, che dal momento in cui Patrik Schick è sbarcato nella Capitale hanno cambiato radicalmente idea sul mercato giallorosso. Per alcuni era quasi insufficiente, ora – invece – si guarda al futuro con occhi luccicanti. Il tutto mentre lui, Schick, non si lascia andare ad entusiasmi vari. Né ufficialmente (nella presentazione) né nei primi approcci con l’ambiente di Trigoria. Ieri gli sono stati appresso soprattutto Florenzi e Totti, i padroni di casa. Hanno cercato di farlo sentire a suo agio, senza imbarazzi. In parte ci sono riusciti, al resto ci ha poi pensato lui durante l’allenamento, regalando subito un paio di giocate preziose, delle sue. Di Francesco, nella partitella contro la Primavera, l’ha utilizzato un po’ come centravanti e un po’ come esterno a destra, alternandolo a Defrel (l’altro attaccante, a sinistra, era invece Perotti). E i suoi primi tocchi in giallorosso sono stati un condensato di tecnica e opportunismo, due delle sue qualità migliori.
GIÀ PRONTO – La sua giornata a Trigoria ieri è però girata tutta intorno alla presentazione. «Sto bene e sono pronto per giocare subito–ha detto l’attaccante ceco –. Quello con la Chapecoense sarà il mio primo match con questa maglia, non vedo l’ora di scendere in campo». Anche perché lui (insieme proprio a Florenzi e Karsdorp, che torneranno in campo contro i brasiliani) sarà l’attrazione principale della serata, l’uomo intorno al quale saranno accese un po’ tutte le luci dell’Olimpico. Perché con lui la Roma sogna davvero di arrivare in alto, il più in alto possibile. Anche se quando gli nominano la parola scudetto, lui se ne va via con un dribbling mediatico degno delle sue migliori giocate: «La Roma viene da un secondo posto e sono arrivati diversi nuovi calciatori. È una squadra con grandi ambizioni, speriamo di fare una grande stagione». Un buon manifesto elettorale, verrebbe da dire. Che, però, non prevede la parola scudetto. Accuratamente evitata.
LA JUVE – Così come il secondo dribbling mediatico Schick lo regala quando gli viene chiesto della Juventus e del tormentone dell’estate: «Quello che è successo con la Juve oramai è il passato. Il calcio è così, ma oggi sono contento di essere qui. Per me non c’è differenza tra Roma e Juventus, sono due grandi squadre con ambizioni importanti. In più ho sempre nutrito simpatia per i colori giallorossi. Il mio costo? Lo conosco, ma mi occupo solo di giocare». E questo vuole la Roma. E su questo dovrà ragionare Di Francesco, per capire dove metterlo per farlo rendere al meglio. «Io preferisco fare il centravanti – ribadisce – ma non ho problemi a giocare anche a destra. Essendo mancino, tendo ad accentrarmi». E pazienza se il suo ex allenatore, Giampaolo, gli aveva consigliato di non venire alla Roma, visto che lui non è un’ala. Del resto, tra ala ed esterno c’è differenza. «Le parole di Giampaolo? Può essere anche che le abbia dette, ma questa è stata una mia scelta. Ho deciso di venire alla Roma».
IL CAPITANO – Anche perché a lavorarci su sono stati sia Di Francesco sia Totti. «È vero, Francesco mi ha mandato dei messaggi, ma il contenuto resta segreto. La maglia numero dieci? Dico solo che Totti è unico e nessuno sarà come lui. Io sono Schick (e ride, ndr)». E il numero scelto, infatti, è il 14: «È il mio numero fortunato, ci ho segnato tanti gol fin dalla nazionale Under 21». Chiusura con il paragone con Dybala: «È un top player di classe mondiale. Per me è un bel paragone, ma siamo diversi». Verissimo. Anche se la Roma spera di aver trovato proprio in lui il suo Dybala. Non solo per il prezzo, più o meno lo stesso.
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