Poteva essere lo sconto diretto per lo scudetto, ma sarà comunque una partita indimenticabile per tanti motivi. Roma-Juventus accende la notte dell’Olimpico. Ai bianconeri basta un pareggio per festeggiare nella tana dei rivali il sesto tricolore di fila, mai riuscito a nessuno. Alla banda di Spalletti serve invece una vittoria per difendere il secondo posto. A meno che il Torino non fermi il Napoli del pomeriggio. Difficile.

La Champions è vitale per il futuro dei giallorossi, che in realtà ieri hanno già blindato l’accesso alla competizione, ma per ora hanno solo la certezza di giocare i temibilissimi playoff estivi: il ko della Lazio a Firenze rende matematico il terzo posto e il quarto anno consecutivo sul podio del campionato. Un filotto del genere ai vertici è successo una sola volta nella storia della Roma – dal 1980 al 1984 – ma in quel ciclo firmato Dino Viola c’è stato uno scudetto da festeggiare. La differenza è tutta lì e non è poca.

Il presente dà meno certezze, con un allenatore che si è messo da solo alla porta e Totti agli sgoccioli della carriera. Roma-Juve ruota attorno a tutto questo, con la voglia da parte di Spalletti di prendersi almeno una soddisfazione contro il suo amico-rivale Allegri. E pensare che la differenza in classifica è data quasi esclusivamente dalla sfida d’andata vinta dai bianconeri. Dopo quella gara, Roma e Juve hanno collezionato gli stessi punti: 43. «Ma loro – riconosce l’allenatore giallorosso – se ci fosse stata una squadra che avesse insidiato la posizione di capolista, sarebbero andati ancora più forte. Ci sono stati momenti in cui Allegri ha potuto gestire e mi sembra difficile in questo momento identificare un qualcosa che ti possa permettere di stare al passo della Juve. Noi ci abbiamo provato con tutte le nostre forze, non ci siamo riusciti perché loro hanno disinnescato qualsiasi tentativo. Probabilmente – aggiunge ironico Spalletti – anche perché a causa dell’allenatore della Roma ha perso qualche partita di troppo».

Il toscano, poi, sottolinea che «al di là dei soldi, ci sono altre cose e nel calcio esiste sempre la possibilità di prendere giocatori importanti». Ora toccherà a Monchi, già al lavoro da mesi: è in attesa della risposta definitiva dal procuratore di Kessie, in tanto ha ricevuto a Trigoria il procuratore, fra gli altri, del Papu Gomez. Il mercato può attendere ancora qualche settimana, la Roma deve parlare sul campo e lo farà senza Dzeko e Strootman. Spalletti recupera Nainggolan e Perotti, ma non dà certezze sul loro impiego: «Bisogna avere la certezza che possano giocare tutta la partita. E abbiamo altre due gare dopo questa. Dzeko era il nostro terminale offensivo e la squadra aveva iniziavo a servirlo nella maniera giusta, però abbiamo altre possibilità. Bisogna essere lucidi per tentare di vincere la partita che ci darebbe la possibilità di arrivare secondi». Scendere in campo conoscendo il risultato del Napoli è un’arma a doppio taglio. Secondo Sarri un vantaggio, Spalletti gli risponde a tono: «Per togliere qualsiasi dubbio sarebbe giusto giocare in contemporanea ma anche nelle due giornate precedenti doveva essere così».

Frecciata a Salvini a parte, su Totti l’allenatore fa un giro di parole dei suoi. «Cerco di fare il meglio per la Roma e di non togliere niente a Francesco. Se si prende il dizionario e si leggono le parole che ci riguardano c’è scritto: allenatore, quello che allena la squadra e può scegliere la formazione; capitano, colui che indica ai compagni il comportamento da avere dentro lo spogliatoi». Secondo Spalletti, probabilmente, Totti non lo ha fatto fino in fondo. Chiusura immancabile sul futuro. Se dovesse saltare l’arrivo di Conte all’Inter, Sabatini potrebbe chiedere a Luciano di ricongiungersi a Milano. «È un dirigente importante, se dovesse esserci la possibilità di tornare a lavorare con lui perché non farlo?». Risposte che arriveranno presto. Ma prima c’è una festa della Juve da rinviare.

(Il Tempo – A. Austini)



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