Gerson

È bastato un mese scarso di allenamenti e partite per dire che Gerson e la Roma hanno perso un anno, sposandosi con il testimone di nozze meno indicato. Dietro quei 19 milioni pagati per lui qualcosa c’era da approfondire, da migliorare, da plasmare. È presto per dire tutto il resto, ma una cosa s’è capita: Gerson non è il giocatore che schieri un giorno allo Juventus Stadium come fosse una provocazione, poi lo fai sparire, lo cedi, lo mandi in Primavera dopo il suo rifiuto facendo credere che non fosse una punizione a chi davvero ha voluto sentirsi raccontare una favola. Il brasiliano è capitato da queste parti nei mesi sbagliati e con un allenatore sbagliato.

Quattro settimane con Di Francesco sono state sufficienti per vedere dell’altro. O semplicemente per vedere qualcosa rispetto al nulla: Gerson esiste davvero, non è solamente un bonifico, un numero 30 messo lì a caso, un senza ruolo, né arte né parte. Un po’ di scuola guida senza grandi risultati a Pinzolo, poi negli Stati Uniti Gerson ha cambiato marcia e fatto vedere più di una qualità. Certamente non tali da affidargli una maglia da titolare nella Roma di oggi, di sicuro sufficienti per far parte di una rosa di Serie A. Un lavoro tattico approfondito ha fatto il resto in questa estate. La Roma, su indicazione di Di Francesco, s’è orientata per tenerlo in rosa almeno fino a gennaio: adesso lo scatto spetta al giocatore.

(Gazzetta dello Sport)



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