Rassegna stampa
Senza Dzeko non è la Roma
NOTIZIE AS ROMA DZEKO – Totem, leader, capitano o più semplicemente finalizzatore. Edin Dzeko, a 34 anni, resta sempre e comunque al centro della Roma. Di oggi, quella che chiude domani sera il campionato al 5° posto affrontando allo Stadium la Juve dei 9 scudetti di fila. E, almeno da contratto, di domani, cioè già giovedì a Duisburg per l’ottavo di Europa League contro il Siviglia e, ricordando che il suo accordo con il club giallorosso scade nel giugno del 2022, anche per la fase a gironi della nuova edizione della coppa.
In campo e fuori, è il riferimento del gruppo, della società e, dal giorno dello sbarco di Fonseca a Trigoria, dell’allenatore. Come centravanti, basterebbero i gol per chiarire che, pure in qualche fase di scarsa lucidità davanti alla porta, è riuscito a far la differenza. Da calciatore universale, con il modello di van Basten. Piede garbato quando va a rifinire, pesante al momento di concludere.
In carriera viaggia a 360: 292 reti in 661 gare con le squadre di club, più le 58 nelle 101 partite con la Bosnia. Il top proprio in Italia: 106 gol in 221 gare (78 in A, 2 in Coppa Italia e 26 nei tornei contindentali). A Torino ha raggiunto Volk al 4° posto nella classifica dei marcatori all time, portandosi a -5 da Amadei e dal 3°.
È impensabile la Roma senza Dzeko. Il carisma e l’efficacia dell’attaccante lo rendono insostituibile. Soprattutto di questi tempi in cui Pallotta cerca l’erede e aspetta Friedkin o chissà quale fondo per farsi da parte (attende, comunque, il verdetto della fase finale dell’Europa League). La proprietà Usa non guarda al possibile investimento di mercato, ma solo al profondo dimagrimento della rosa. Non è ipotizzabile cedere, dunque, il centravanti titolare senza avere il sostituto di pari livello.
Eppure, come è accaduto il 15 luglio nella partita contro il Verona all’Olimpico, anche il diretto interessato ha capito che la certezza di rimanere non ce l’ha. Ha chiuso quel match prima dell’intervallo senza però festeggiare. Perché, sottotraccia, il management del presidente sta cercando chi possa pagargli lo stipendio e riesca anche a versare qualche milione nel forziere vuoto di Trigoria. Il prezzo fissato è alto, 10 milioni, anche perché Edin guadagna 7,5 milioni.
Stipendio ingombrante. Qui e anche lontano dalla Capitale. L’intenzione del calciatore (e della moglie) non è cambiata dal gennaio 2018 quando disse no al trasferimento al Chelsea. L’Inter lo convinse l’estate scorsa, ma Fienga (e Petrachi) non ritenne giusto darlo via in saldo. Conte non si è arreso: non si può escludere il nuovo tentativo. Piace pure al Napoli e alla Juve.
Dzeko ha messo il muso perché, durante il lockdown, ha gestito la grana del taglio degli stipendi. Ci ha messo la faccia con i compagni e ha agevolato il compito della dirigenza. Che, pur avendo apprezzato il suo ruolo nella vicenda, non ha gradito l’atteggiamento scontroso durante la partita con il Verona. Spalmare lo stipendio non sembra soluzione d’attualità e percorribile, anche spostando di un anno la scadenza del contratto.
La Roma, se non riuscirà a monetizzare il suo addio, dovrà tenerselo. Dando la priorità ad altre dismissioni, più o meno 14, per alleggerire il monte ingaggi. Il sorriso, intanto, sta tornando. Come la forma, in tempo per il finale in Europa League. Il gol (bello anche quello annullato) e la prestazione mercoledì sera, la visita di Pjanic a Vinovo nel day after. Piantato davanti al resto del gruppo, recitando da protagonista. E da simbolo possibilmente del nuovo corso.
(Il Messaggero – U. Trani)
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA