AS ROMA NEWS – Mourinho non ha tutti i torti. Un conto è commentare le scelte nel post-gara, “tenendo il culino al caldo” (cit.). Un altro è prenderle, “quando sei in panchina e fai su e giù sulla linea laterale”. Fatta questa premessa doverosa, il tracollo della Roma a Udine è troppo fragoroso per non provare a capirne il motivo. Perché si potrebbe anche archiviare il tutto chiamando in causa una serata-no, partendo con gli errori dei singoli (Karsdorp e Rui Patricio), continuando con un possibile rigore non concesso (spinta di Becao su Celik sull’1-0) e finendo con un pizzico di sfortuna (palo di Mancini che avrebbe potuto riaprire i giochi).
Come riferisce Il Messaggero, la scorciatoia funzionerebbe se prima non ci fossero già stati dei campanelli d’allarme. Juventus (primo tempo) e Cremonese (nella ripresa), infatti, avevano in qualche modo evidenziato come qualcosa non funzionasse a dovere nella Roma. In quei casi, gli episodi erano girati a favore (due gol da palla-ferma). Stavolta hanno voltato le spalle. La prestazione sottotono della squadra e le difficoltà pregresse, coincidono con l’infortunio di Zaniolo.
Senza Nicolò, la Roma difetta del calciatore che le sa regalare gli strappi, che palla al piede fa salire la squadra, che sa in pochi secondi capovolgere l’azione. Dybala ha fatto le sue veci nella prima rete contro il Monza e ci ha provato anche a Udine, quando dopo 28 secondi ha sfiorato il vantaggio a seguito di un coast to coast di almeno 40 metri. La differenza con Zaniolo, è nella forza fisica e nella frequenza di questo tipo di ribaltamenti. Paulo è un artista, può provarci una, due volte. Nick è invece un corazziere che quando parte in velocità somiglia ad un treno in corsa e sa reiterare queste accelerazioni a più riprese.
Il ko dell’azzurro, coinciso con la frattura alla tibia di Wijnaldum, ha scombinato i piani che Mou aveva per la mediana. Perché nella testa di José, Matic e Cristante difficilmente possono formare una coppia. Non è un caso che a Udine, Pellegrini fosse partito più basso, da classica mezzala, proprio per regalare più dinamicità al reparto. La topica di Karsdorp ha alterato i piani. E Sottil è stato bravo ad approfittarne come ha spiegato poi nel post-partita: “Non volevamo correre dietro la Roma. E per evitarlo abbiamo chiuso gli spazi attraverso il centro con una specie di quadrilatero, neutralizzandoli. L’inserimento di Tolgay e di Samardzic leggermente più alto era il piano per controllare il centrocampo”. Detto, fatto.
Allegri a Torino, aveva escogitato qualcosa di simile con Miretti che aveva trovato la sua posizione nell’angolo cieco dei giallorossi. Ossia dietro ai due mediani e dalla parte di Dybala, puntando sul poco lavoro di copertura dell’argentino. Considerando che anche Alvini aveva trovato delle contromosse alla staticità giallorossa in mezzo, se accade in 3 gare su 5 c’è qualcosa che bisogna cambiare. Perché il canovaccio è chiaro: se la Roma come una Fata Morgana attira a sé gli avversari, illudendoli con la concessione del possesso-palla per poi punirli con le ripartenze, è una squadra. Se non ci riesce e non trova l’acuto su palla-ferma, è un’altra.
E chissà che la penuria di centrali difensiva – con la contrapposizione ormai evidente tra le richieste di José (“Mi serve un difensore. Basterebbe qualcosina…”) e la posizione di Pinto (“Sono stufo di parlarne, il mercato è chiuso”) – non possa indurre il tecnico a cambiare modulo.
Il ritorno alla difesa a quattro, permetterebbe l’inserimento di un centrocampista in più, proprio nella zona che al momento sembra essere più in difficoltà. Paradossalmente più che in fase di contenimento (dove i gol subiti sono gli stessi della passata stagione, 5) in quella di costruzione e proposizione per l’attacco (6 reti rispetto alle 12 di un anno fa). Considerando che c’è Dybala in più nella rosa, i conti non tornano.
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