Lo stadio della Roma sta assumendo le fattezze di quei sogni nel cassetto che rischiano di non arrivare mai ad essere realizzati. L’Amministrazione Capitolina, chiamata a rispettare i tempi della Conferenza dei Servizi la cui ultima riunione si è svolta il 31 gennaio, ha deciso di procrastinare e congelare ogni decisione per un altro mese. La scelta di non scegliere appare a moliti prodromica di un rifiuto che peserebbe sull’umore di molti romani ma anche sulle casse dell’Amministrazione, vincolata al pagamento di una penale in caso di mancata realizzazione dell’opera. Del progetto dell’impianto di Tor di Valle ne abbiamo parlato con il critico d’arte e accreditato opinion leader Vittorio Sgarbi che non ha mai smesso di gridare a gran voce la sua contrarietà al progetto proposto dalla dirigenza giallorossa.

Sappiamo dai suoi video che lei è fortemente contrario alla costruzione dello Stadio della Roma. Ci illustra nel dettaglio la sua posizione?
La mia posizione è perfettamente coincidente con quella di Imposimato che mi ha contattato 20 giorni fa perché aveva inteso incardinare una conferenza, che non so se abbia fatto, con me. Io ero d’accordo ma non ho più avuto notizie di lui.

Posizione simile a quella dell’Assessore all’urbanistica Paolo Berdini.
Certo. Nell’Amministrazione c’è un’esautorazione del diretto responsabile (Berdini n.d.r.) che è contrario. Vero è che decisioni collegiali impongono che non sia un singolo assessore a decidere sulla questione però la posizione oltranzista di Berdini, Italia Nostra e mia è una posizione su cui non si può neanche pensare di mediare. La tesi mia e di Italia Nostra è che Roma, città amministrata certo con difficoltà ma con una certa consapevolezza, ha evitato nel corso degli anni sviluppi verticali tipici delle città industriali. Se uno guarda Roma da qualunque punto vedrà che non ci sono grattacieli.

Dunque la sua contrarietà è alle torri previste dal progetto?
Certo, lo stadio possono anche farlo. Anche perché ha un suo sviluppo logico. Io lo farei senza le torri. Non ho qualcosa contro lo stadio per questioni antiagonistiche, ho qualcosa contro la violenza di questi giganteschi grattacieli, da tre diventati due, totalmente estranei con lo sviluppo di questa piana sulla quale poggia Roma che è stata preservata da qualunque Amministrazione. Che il deturpamento arrivi da un’Amministrazione grillina è strano.

Lo stadio della Roma ha subito uno stop, l’Amministrazione a guida M5S ha rimandato ogni decisione facendo registrare un approccio ondivago alla questione. Mi spiego: inizialmente il M5S era schiacciato sulle posizioni di Berdini, poi c’è stata una retromarcia seguita all’incontro con Baldissoni e Parnasi, ed ora invece sembra tornata in voga la linea di Berdini perché la richiesta di rinvio sembra l’antipasto di un “no” al progetto.
L’approccio dei grillini dovrebbe essere quello di contrasto alle imposizioni della modernità. Il tempo lento, Slow Food, la decrescita industriale sono temi che io sento miei, che sono di una certa sinistra ma che sono sicuramente propri del M5S. Quindi istintivamente si potrebbe pensare che come hanno detto di “no” all’inceneritore avrebbero dovuto dire “no” anche a questa grottesca speculazione. Invece hanno tentato di emarginare o di tacitare Berdini, contrario, e la linea prevalente era favorevole allo stadio con i grattacieli. Quando mi sono reso conto di queste cose altro non ho potuto fare altro che massacrarli sui miei blog con bombardamenti mirati che spero li abbiano fatti riflettere e tornare a posizioni che sono loro perché mi pare il minimo sindacale che siano contrari ad una cosa come quella. L’approccio ondivago ha fatto emergere due anime interne al M5S. Una forse legata ai vari Marra e alla parte affaristica che si è incistata dentro l’Amministrazione all’insaputa della Vispa Teresa. Perché la Vispa Teresa è innocente ma l’innocenza giudiziaria non giustifica l’innocenza politica, la propria totale vaghezza e l’incapacità di prendere posizioni. Io sono convinto che sia innocente dei reati che le hanno attribuito ma che è un’incapace, anche su questo. Ora la faranno riflettere sul fatto che questo tipo di speculazione è sbagliata. Nel momento in cui era sotto la suggestione di Marra le sembrava che fosse un buon investimento per di più privato, con fondi americani, in favore della città. Magari non ci costa nulla ma deturpa Roma in modo infetto. Mi sembra, dunque, che sia proprio del quadro della sua natura questa posizione ondivaga.

Chi parla dello stadio di solito lo mette in relazione alle opere che si sarebbero potute fare per le Olimpiadi del 2024.
La sindaca ha scelto la strada depressiva e autolesionistica di non togliere a Roma il peso del nome di città corrotta. Quindi secondo me è stato un errore gravissimo. Dire “no” alla partecipazione e “sì” allo stadio mi sembra un paradosso ma ormai l’hanno fatto.

In zona Olimpico abbiamo due strutture sportive molto vicine. Da una parte c’è il Flaminio in totale stato di abbandono, dall’altro lo Stadio dei Marmi un buon esempio di equilibrio tra fruibilità e armonia delle forme. Secondo lei perché sembra così difficile coniugare questi due aspetti e costruire stadi belli e funzionali?
Perché ci sono due elementi concorrenti . Il primo è quello speculativo che è la volontà di trarre profitto anche a latere dell’attività agonistica e questo vale per le torri. Dall’altro lato c’è il declino di una sensibilità e di un gusto. E’ una sindrome dell’architettura degli ultimi 60 anni quella di imporre un gusto che sia distinto e riconoscibile. Fare uno stadio utile e bello secondo me non è affatto difficile se uno rimane nella morfologia degli stadi tradizionali. L’ultimo che ci è riuscito è stato Renzo Piano a Bari.

(Il Fatto Quotidiano – M. Scopece)



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