(Il Tempo – A. Austini) Onorati e orgogliosi di essere della Roma. Se lo ripetono i tifosi ancora con gli occhi lucidi, lo hanno detto e scritto sui social praticamente tutti i giocatori dopo aver sfiorato la finale di Champions, beffati dal solito, maledetto Liverpool e da un arbitro (volutamente?) distratto. C’è tanto da conservare in questa amara sconfitta. La fine di un sogno da trasformare nell’inizio di un’ascesa. Come al solito De Rossi ha centrato il punto: «Si è creato qualcosa che non vedevo da anni – ha detto mercoledì notte – da quando ero bambino, da Roma-Broendby, Roma-Slavia Praga, partite che non hanno portato un trofeo ma che mi rimangono nel cuore. Abbiamo visto che non siamo così tanto più scarsi degli altri. E la semifinale di Champions deve essere una cosa da fare ogni tre anni, non più ogni 30». Un passo per volta. La priorità è chiudere il campionato al terzo (meglio) o quarto posto, per la matematica dell’accesso alla prossima Champions – la Roma avrebbe speranze di salire in seconda fascia ai sorteggi grazie al balzo al 21° posto nel ranking Uefa – bisogna vincere almeno due delle ultime tre partite nel finale di campionato contro Cagliari, Juventus e Sassuolo. Poi il diesse Monchi potrà iniziare a costruire la squadra dell’anno prossimo, contando su basi che nessuno, lui compreso, poteva immaginare di avere. I soldi, innanzitutto: l’incasso record da 5.5 milioni di euro al botteghino col Liverpool ha portato a 100 milioni complessivi il tesoro ricavato quest’anno dalla Champions. Una manna dal cielo per il bilancio da chiudere entro il 30 giugno, che consentirà al club di sistemare i conti con operazioni «minori» dopo aver già realizzato a gennaio la plusvalenza necessaria con Emerson ceduto al Chelsea. La qualificazione alla prossima Champions è invece garanzia d’investimenti sul mercato. Si riparte ovviamente da Eusebio Di Francesco, l’uomo che insieme a Monchi ha portato una nuova mentalità dentro Trigoria, credendo per primo che nessun ostacolo era insuperabile. Lasciare ai dirigenti il compito di lamentarsi degli arbitri – ieri Pallotta ha rincarato la dose – e rimarcare gli errori della sua squadra è stata un’altra lezione impartita dal tecnico a tanti colleghi «piagnoni». E un messaggio in più da trasmettere a una squadra che ora non deve accontentarsi. Insieme a Di Francesco, i due perni della Roma che verrà dovrebbero essere Alisson e Dzeko. Il portiere è cercato dai club più ricchi al mondo ma è innamorato della città e pronto a discutere il rinnovo. Pallotta non vorrebbe venderlo, intanto deve provare a tenerlo almeno un altro anno: missione possibile. Le strade di Dzeko e della Roma si sono riunite a gennaio col rifiuto al Chelsea, al fianco del bosniaco dovranno crescere Under e soprattutto Schick. Il resto dipenderà dalle offerte di mercato e dai possibili rimpiazzi, di sicuro non cambierà la filosofia del club: comprare giocatori di prospettiva, vendere qualche pezzo in caso di proposte convenienti e continuare così a vivere al di sopra delle proprie possibilità. Il primo colpo è già in canna: il giovane centrocampista Ante Coric, classe ’97 della Dinamo Zagabria, è in arrivo a Roma con un’operazione avviata da tempo da circa 7 milioni di euro più 1 di bonus. . Il primo pezzo per ripartire dopo una cavalcata pazzesca in Champions che ha lasciato alla Roma soldi, un salto nel ranking e tanto orgoglio.
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