Rassegna stampa
Spadafora: “Un piano di aiuti per lo sport”
NOTIZIE SERIE A SPADAFORA – L’emergenza coronavirus continua ad assediare lo sport. A tutti i livelli, a tutte le latitudini, in tutte le circostanze. Sembri aver conquistato una posizione, ti ci attesti, ti illudi di non arretrare più, e invece viene giù un’altra valanga che mette in discussione tutto. Anche il ministro dello sport Vincenzo Spadafora è costretto a riaggiornare in continuazione un bollettino sempre più desolante.
Ministro, sembrano passati anni da quando parlavamo di porte chiuse, e poi aperte e poi ancora chiuse. In pochi giorni è tutto cambiato. E ha fatto a pezzi tutti questi dilemmi.
«Proprio così. Ora dopo ora, siamo di fronte a un’emergenza straordinaria e lo scenario può cambiare e richiedere nuove decisioni. Proprio per questo sono rimasto perplesso di fronte alle polemiche degli ultimi giorni».
Lei però la sera di sabato scorso ha condiviso il decreto con la possibilità di giocare a porte chiuse le partite di calcio e la mattina dopo ha chiesto di sospendere il campionato.
«Io dico che quella notte avevamo già considerato la possibilità di sospendere tutto, ma abbiamo preso la decisione di continuare a monitorare la situazione con l’aiuto del comitato tecnico-scientifico ora per ora. E quando abbiamo capito che quella sarebbe stata la strada più giusta abbiamo sperato che la Lega avesse un sussulto di dignità verso tutto il Paese, i tifosi, i calciatori».
Ma certe decisioni in emergenze del genere non spettano allo Stato?
«Certo. E infatti ci siamo assunti le nostre responsabilità. Registrando la grande incapacità del calcio a decidere. E vorrei dire che ora mi è tutto più chiaro».
A che si riferisce?
«Al fatto che le norme non c’entrano niente. Che il Dpcm serviva per mettere a riparo Lega e Sky dal rischio dei risarcimenti. Una delle due ci avrebbe rimesso. Solo una questione di soldi. E non mi faccia parlare dei messaggi che ho ricevuto».
Messaggi di chi?
«Di quei presidenti che prima mi insultavano per far giocare le partite, e poi hanno detto di chiudere tutto».
Ma che cosa chiede al mondo della serie A? Si dovrà pure voltar pagina…
«Chiedo di capire che ci sono circostanze in cui nessuno è immune, e bisogna avere la flessibilità necessaria per affrontare questi scenari. Flessibilità che non c’è stata. Perché, ripeto, la linea è stata dettata solo da ragioni economiche».
Però il problema esiste. Il calcio non è solo guadagni milionari per pochi eletti, ma anche pil, gettito fiscale, fenomeno sociale. E il fatto che venga a mancare è un danno per tutti.
«Questo è un altro problema. Ed è un problema che mi preoccupa e mi occupa tanto. La prima cosa che voglio dire è che ciò che sarà deciso per tutto il Paese avrà ovviamente i suoi risvolti sullo sport e sul calcio. A tutti i livelli».
Quali sono queste prime misure?
«Stiamo scrivendo le norme che saranno approvate nel consiglio dei ministri di domani. Sospensione di ritenute, contributi fiscali, premi. Che naturalmente aiuteranno anche il mondo del calcio»
Non è che poi però si chiederebbero tutti insieme gli arretrati fra qualche mese?
«Per ora si procede al rinvio. Poi avremo modo di verificare tutte le situazioni per aiutare questo mondo a ripartire».
L’Anif, l’associazione dei gestori degli impianti sportivi, denuncia il rischio di un fallimento generalizzato di molte delle imprese che lavorano nel settore.
«Stiamo provvedendo alla sospensione delle bollette e dei canoni per i concessionari degli impianti pubblici. Stesso discorso per i mutui, naturalmente una cosa sono quelli concessi dall’Istituto per il Credito Sportivo, un’altra quelli di altre banche, ma contiamo su un provvedimento che possa comprendere tutto il comparto».
Poi c’è il discorso dei tanti collaboratori sportivi. Che sono fuori dalla cassa integrazione e si ritrovano senza nulla nel momento in cui chiedono migliaia di strutture.
«Stiamo lavorando per estendere la cassa integrazione e prevedere un contributo per gli autonomi, i collaboratori e le partite iva. Ma ancora dobbiamo verificare i numeri. Poi c’è una cosa che mi preme moltissimo: il destino di tante società sportive dilettantistiche».
Che sono centomila.
«Sono quelle che vivono di pochi introiti e che devono fare i conti con i pagamenti degli affitti e con tante piccole spese che si riflettono su bilanci già in sofferenza. Intanto cominceremo a utilizzare ciò che già abbiamo. C’è un fondo specifico di 10 milioni per le società sportive dilettantistiche e di 15 per la promozione sportiva. In più potremo mettere a disposizione una parte dei fondi dell’impiantistica che arrivano quest’anno a 200 milioni. Ma c’è necessità di avere un quadro complessivo».
Il grido di allarme del mondo dello sport è al limite della disperazione.
«Sto scrivendo a Malagò e a Pancalli, presidenti di Coni e Cip. Vorrei chiedere loro di convocare una giunta straordinaria entro i prossimi giorni in modo che io possa ricevere un rapporto ufficiale sulle necessità più impellenti. Perché qui bisogna cominciare a programmare il dopo nel momento in cui ripartiremo: nessuno deve chiudere. Coni, Cip e Federazioni possono compiere questo primo censimento per permetterci di lavorare da subito».
Intanto lo sport sta perdendo pezzi da tutte le parti. Voi avevate dato una deroga per gli eventi internazionali, deroga che è stata divorata dai fatti.
«Però anche qui, proviamo a ragionare. Qual è la ratio di quel provvedimento? Provare a non danneggiare le squadre italiane in Europa in un momento in cui altri Paesi non avevano preso una decisione come la nostra. Mezz’ora fa ho scritto alla ministra croata dello sport, la Croazia ha la presidenza di turno dell’Ue, per chiedere un approccio europeo anche in tema di sport e di calendari sportivi rispetto all’emergenza coronavirus».
L’Europeo di calcio è sotto scacco
«Ma qualsiasi decisione si prenda, lo si deve fare tutti insieme, i Paesi e l’Uefa. L’Europa deve fare l’Europa anche nel calcio e nello sport».
Con l’Uefa ha preso dei contatti a fronte della situazione che riguarda i nostri club e la Nazionale?
«Non ancora, ho un dialogo con i miei omologhi europei per coordinarci».
L’agenda di cui stiamo discutendo è molto ricca, l’emergenza morde l’attività di governo in tutti i campi. Immaginiamo che il suo annuncio di riformare la legge Melandri sui diritti tv non si tradurrà subito nell’immediato.
«Capiamoci: oggi c’è una sola priorità, che è quella della salute e della vita delle persone. Ritengo necessario che poi si affronti il problema di garantire in casi di straordinarietà la trasmissione di un evento chiaro. Insomma, questo non deve essere un tabù com’è stato in questi ultimi giorni».
E sulle leggi delega della riforma dello sport ci potrà essere una proroga e un rinvio della scadenza limite che la legge fissa ad agosto di quest’anno?
«No. Anzi ne approfitto per stoppare certe voci che ho sentito del tipo “ora si rinvia tutto, così si blocca la riforma dello sport”. Non ci sarà nessuna proroga. C’è spazio per un’ultima cosa?»
Di che si tratta?
«Della campagna che abbiamo lanciato con tanti campioni sui nostri profili social. È il nostro messaggio di unione e solidarietà attraverso un gesto simbolico: una foto in cui si allunga il braccio verso l’esterno, come a toccare qualcuno che non si vede, ma sappiamo che c’è. Molti giovani lo stanno rilanciando, ha uno slogan facile ma importante: distanti ma uniti».
(Gazzetta dello Sport)
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