La cornice, come ormai da tempo all’Olimpico, non sarà quella delle grandi occasioni (25 mila spettatori scarsi). Ma per Luciano Spalletti la partita contro la Fiorentina di stasera è «fondamentale». E ancora: «I giocatori lo sanno e non sono stati distratti da altro, anche perché sanno che quando si gioca nella Roma ci sono delle responsabilità ». «Altro» sta per argomento stadio, con quell’ hashtag (#famostostadio), nato dopo l’ irruzione a Sky e diventato ormai virale: «È un’occasione importante per tutto il Paese, bisogna pensare che gli investimenti stranieri siano un’opportunità e non una minaccia ». Spalletti sembra sempre più coinvolto nel progetto Roma, vedi anche il suo interessamento diretto per la questione barriere («ho parlato con il ministro Lotti, ci vogliono libertà e responsabilità, chi fa casino deve restare a casa»), ma non vuole sbilanciarsi sul rinnovo di contratto: «Non ne parlo più fino al termine della stagione e la mia risposta è sempre la stessa: decideremo in base a risultati e prospettive di crescita». Meglio pensare al campo, allora, inteso come manto erboso e come formazione: «Dopo la partita di rugby sappiamo che sono state sostituite alcune zolle. Piove, questo non aiuterà lo spettacolo, ma gioco e battaglia ci saranno comunque, anche perché noi siamo forti ma lo è molto anche la Fiorentina».

Il tecnico – con Vermaelen out e Perotti convocato ma non al meglio – in attesa di riavere Salah (stasera sarà allo stadio, da domani si allenerà), si affiderà alla Roma “classica“: Szczesny, difesa a 3 e mezzo con Rüdiger, Fazio e Manolas, sulle fasce Peres ed Emerson, in mezzo al campo De Rossi e Strootman, Nainggolan trequartista dietro Dzeko ed El Shaarawy: «Dobbiamo provare a vincere sempre – ammette Spalletti – perché Napoli e Juve, col loro ritmo, ti costringono a farlo». In panchina ci sarà Gerson, dopo la partita con la Primavera: «Ha giocato con i ragazzi per mettere minuti », ha chiosato Spalletti. Chissà quando ne metterà altri nelle gambe in prima squadra, dove non gioca da quasi due mesi.

(La Repubblica – F. Ferrazza)



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