«La Roma è una buona squadra, ma non una grande squadra». Finalmente la normalità, predicata ormai 11 anni fa. La virata di Spalletti, anche se in ritardo, è solo da apprezzare. In pochi giorni, dopo l’eliminazione isterica di martedì scorso con la sconfitta contro il Porto nel playoff di Champions, il toscano rivede la sua valutazione del gruppo giallorosso. Non è più, a quanto pare, il più forte che ha mai allenato negli anni passati a Trigoria. Bisogna, insomma, riconoscergli l’improvviso bagno di umiltà. Fatto davanti a un altro porto, quello di Cagliari. Il 2 a 2 con la neopromossa di Rastelli (debuttante in A) e di Borriello (5 reti nelle ultime 4 sfide da ex) lo avrà convinto definitamente che non è tempo di esagerare con l’esaltazione di questa rosa che è incompleta e lui lo sa meglio di altri.
RIMPROVERO PLATEALE – «Si lotta poco, non mi garba l’atteggiamento dei giocatori quando perdono il pallone». Lucio resta il Picconatore di sempre. «Non ci sono scuse, torniamo a casa con il risultato che abbiamo meritato. Mi sembra scarsa la personalità, perché poi nel momento in cui è facile gestire ci viene un po’ il ‘braccino’. Il piedino… Non riusciamo a fare passaggi facilissimi. Così gli altri prendono coraggio e se sono bravi raggiungono l’obiettivo, come è successo qui. In alcuni momenti siamo stati ancora fragili, in altri più forti: sicuramente non abbiamo ancora raggiunto l’equilibrio e ritrovato la tranquillità. Il Porto non deve essere una scusa: se non reagiamo abbiamo già finito di giocare. Questione di carattere. Che adesso manca». «Sono due punti buttati» fa sapere Pallotta. Spalletti, invece, insiste: «Non centra il calo fisico. C’è da lavorare psicologicamente. Peccato perché, nonostante il pareggio del Cagliari, abbiamo avuto altre due occasioni per vincerla in extremis: a volte se non hai la personalità di fare le cose semplici, quando arriveranno quelle difficili sarà ancora più dura. Soprattutto considerato l’alto livello dei giocatori che ho a disposizione. Dobbiamo registrarci. E allinearci al nostro modo di stare in campo e ai nostri obiettivi. Il nostro grafico deve essere sempre verso l’alto. Ma alla fine è l’allenatore quello che ha più colpe di tutti». Non fa riferimento a tutto il campionario tattico mostrato al Sant’Elia come fosse la fiera di fine estate.
(Il Messaggero – U. Trani)
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