«Ho fatto giocare Vermaelen. Ripeto, Thomas Vermaelen». Luciano Spalletti chiarisce subito, e con forza, che non ha mandato in campo un passante, arrivato a Genova per caso. Ma uno dei più forti difensori in circolazione. Tutto giusto: il belga è forte, ma in questo campionato è stato spesso fuori per infortunio. Diciamo che il rischio era altissimo. E poi, la Roma era diventata una corazzata imperforabile: zero gol, fino alla partita di ieri, subiti in questo avvio di 2017. Perché cambiare proprio ora? La motivazione è anche tecnica, come fu tecnica (anche lì rischiosa viste le condizioni fisiche e psicologiche di un ragazzo che aveva giocato poco poco) per Gerson a Torino. «Perché si doveva giocare la palla, in funzione della loro pressione. Dovevo mettere il difensore nel posto giusto e Vermaelen è mancino e tra i più bravi con la palla al piede, quindi l’ho messo sulla sinistra, con Ruediger sulla destra. E poi ho fatto giocare Vermaelen, ripeto, Thomas Vermaelen». Non un passante, appunto. Solo uno che in questo momento ha ancora qualche difficoltà in più e entrava in un terzetto ben collaudato. Ma il problema, ovviamente, in questa partita non è stato (solo) Vermaelen. Qual è stato, allora, mister? «Non abbiamo dimostrato la maturità nella gestione di alcune situazioni: la Samp aggrediva alta e teneva ritmi alti. Abbiamo perso tanti palloni e non abbiamo avuto la qualità per interrompere la loro pressione. Nel secondo tempo invece, avevamo la partita in pugno. Poi ci sono stati tre minuti in cui sulle palle alte e sulle palle respinte non abbiamo gestito le situazioni. Non siamo stati svelti nella lettura di alcune loro giocate, magari anche per errori di postura. Siamo stati lenti nelle respinte». Ma Lucio salva, in generale, la prestazione della linea difensiva. «In qualche lettura siamo stati un po’ lenti, però non abbiamo pagato le conseguenze in queste giocate. Abbiamo preso gol su due palloni, quella respinta e quella punizione dove non c’è da incolpare i difensori. Nel primo sì, ci siamo fatti saltare, ma il resto erano situazioni che non riguardavano solo il reparto». Non ci sono, secondo il tecnico, difficoltà fisiche. «Semmai ho visto problemi nell’intensità, non fisica. Tolti quei tre minuti in cui abbiamo preso i gol, la squadra non mi è dispiaciuta. Il risultato è dipeso da episodi. Ora guardiamoci da chi, là dietro, insidia la nostra posizione in classifica. I giocatori sono spappolati, distrutti, perché tutti ci teniamo a fare bene».

GLI EPISODI Al di là della colpa dell’immaturità nella lettura di certe situazioni di gioco, al netto delle scelte più o meno azzeccate e condivisibili, Spalletti segnala un paio di episodi che non sono stati proprio favorevoli alla Roma. «Si era visto subito che non ci fosse fallo su Schick in occasione della punizione gol di Muriel. Lui si butta e Rudiger non commette nessuna infrazione. C’era anche il rigore su Dzeko, l’avete visto bene. Mazzoleni lo stava dando, ma il guardalinee La Rocca, in ritardo, ha sbandierato. Peccato, erano situazioni facili da leggere».

IL FUTURO E’ ADESSO Spalletti non pensa a Kessié, non vuole tornare sulla cessione di Paredes. «Io devo guardare a questo campionato. Anche in conferenza stampa sabato si è parlato solo di cose che riguardano il mercato. Io la squadra ce l’ho forte e bisogna fare risultato. Chi arriverà e che Roma sarà nel prossimo campionato? Il momento è ora, la possibilità di far bene ce l’abbiamo. A Marassi l’abbiamo buttata via. Bisogna stare dentro con la testa a quelle che sono le cose nostre». Obiettivo minimo, secondo posto. Con il rischio, dopo questa sconfitta, che diventi l’obiettivo massimo. Lo scudetto dei perdenti

(Il Messaggero – A. Angeloni)



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