Sono nati a distanza di 59 giorni e hanno vissuto a 55 minuti d’auto l’uno dall’altro (tra Figline Valdarno e Montespertoli). Ma in comune hanno molto altro. Perché Luciano Spalletti e Maurizio Sarri, che sabato pomeriggio si sfideranno dalle panchine di Roma e Napoli per contendersi il ruolo di anti-Juve, si somigliano più di quanto loro stessi ammetterebbero. Trasformisti o inventori: chiamateli come volete. Ma a entrambi piace divertirsi a stravolgere la carriera di un calciatore immaginandolo dove nessuno l’avrebbe immaginato. Lo prendi, gli cambi ruolo e lo trasformi in un campione. Potrebbero raccontarlo Perrotta o Zielinski, prove viventi dell’eclettismo tattico dei loro maestri. Non certo le uniche. Spalletti ne ha fatto quasi un marchio di fabbrica. In principio fu Martusciello, oggi tecnico dell’Empoli. Il romanista, che su quella panchina sedeva già nel 1995, prese il 24enne Martusciello, all’epoca mediano d’interdizione, e lo trasformò in esterno d’attacco capace di accompagnarlo dalla C1 alla serie A. Esperimento che oggi a Roma ha ripetuto con Nainggolan: mediano? Non da quando Spalletti ne ha fatto il trequartista — a volte persino attaccante aggiunto — della sua seconda Roma. Tutti poi ricordano che Totti, prima di conoscerlo, non aveva mai fatto davvero il falso nueve. Nel 2006, quando si ruppero gli attaccanti Nonda e Montella, Spalletti lo fece diventare il terminale offensivo del famoso “4-2-3-0”, che toglieva punti di riferimento agli avversari e ha portato la Roma a un passo dallo scudetto. Operazione che Sarri, anche causa infortuni, proverà a replicare con Mertens, nuovo “vice Milik” dopo aver perso per quattro mesi (almeno) il centravanti polacco. O magari con Rog: spifferi di Castel Volturno raccontano che il prossimo esperimento sia reinventare in attacco il giovanissimo croato.
Ma non solo di finti attaccanti si nutre Sarri. Anzi, quando in assenza di Higuain ha avuto bisogno di un “9”, il toscano nato a Napoli prima di andarci ad allenare ha preso da parte Gabbiadini e l’ha convinto che quello poteva essere davvero il suo ruolo. Raccontano che Gabbiadini non fosse convinto per nulla di farsi dirottare dall’amata fascia destra al centro. Dopo 4 gol in 6 partite di Europa League, però, pare abbia cambiato idea. A Empoli raccontano che quando la società gli mise a disposizione Zielinski, Sarri non fosse convintissimo di quel trequartista con velleità da funambolo arrivato in prestito dall’Udinese. Gli serviva un centrocampista: non avendone altri, gli insegnò come diventare una mezzala, rinunciando alla giocoleria per imparare la concretezza. Due anni dopo l’ha portato a Napoli acquistandolo per 15 milioni di euro. Mossa ardita, almeno quanto il trasloco di Jankulovski: a Udine da mezz’ala, Spalletti vide in lui le qualità dell’esterno di un centrocampo a cinque. Quanto fosse utile in quel ruolo, lo hanno scoperto pure al Napoli, oltre a Milan e nazionale ceca. Ma la vera medaglia che l’uomo di Montespertoli si cuce sul petto è un’altra: «A Udine misi Di Michele in porta contro il Lecce di Zeman: ci avevano espulso il portiere e lui al 90’ parò il rigore decisivo. Quella partita finì 4-3 per noi». Chissà per inseguire la Juve cosa s’inventeranno ancora quei due.
(La Repubblica – M. Pinci)
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