Premesso che il derby è stato deciso da due erroracci individuali a favore della Roma, l’analisi del giorno dopo non può prescindere da una valutazione collettiva: l’opposta gestione delle tensioni emotive da parte delle due squadre. La pressione, che per ragioni di classifica doveva essere tutta sulla Roma, obbligata a vincere per tenere il passo della Juve, è invece finita sulle fragili spalle della Lazio e l’ha schiacciata inesorabilmente. La carica perfino esagerata (ma comprensibile, a parte i soliti eccessi) dei tifosi a Formello e all’Olimpico (lo stadio era quasi tutto biancoceleste, la Roma giocava davvero in trasferta), le emozioni del lungo e suggestivo prepartita, le aspettative generali della serie “questa volta lo vinciamo noi” – alimentate pure dal ko di Salah – hanno condizionato le scelte dell’inesperto Inzaghi, caduto nella trappola di Spalletti. Tra l’altro nella Lazio non ci sono personalità tali da trasformare questo macigno di responsabilità in semplice e produttiva cattiveria agonistica. E la conseguente incapacità di gestire la frustrazione della sconfitta ha prodotto nel postgara la gravissima dichiarazione di Lulic, uno dei veterani del gruppo.
Insomma la Roma è entrata in campo con improvvisa leggerezza: a quel punto era la Lazio che aveva più da perdere visto il clima che si era creato. L’assenza di Salah ha poi “permesso” a Spalletti di disegnare una squadra più equilibrata, con il terzino Bruno Peres al posto dell’ala egiziana. Così la Roma ha rinforzato il suo punto debole, l’assetto difensivo, ha saputo contenere gli adrenalinici attacchi iniziali della Lazio per poi colpire al momento giusto. Organizzata, furba, cinica. Il coraggio di Inzaghi – fuori de Vrij e formazione più offensiva – è diventata ingenuità, implacabilmente punita dal più esperto Spalletti. Normale che poi il tecnico si dica deluso da Felipe Anderson e Keita, gli uomini che gli dovevano far vincere il suo primo derby e invece hanno steccato. Ma si sa, questa non è una sfida per giovani, o almeno non per giovani per nulla smaliziati e anzi emotivi (il brasiliano) o poco incisivi contro le big (il senegalese). Non a caso l’hanno risolta due leader come Strootman e Nainggolan. È bastato l’episodio del rigore non concesso a Peres per spaventare la Lazio e bloccar-ne la spinta iniziale.
E ora? Dalla vittoria la Roma assorbe linfa vitale per credere nello scudetto: lunedì arriva all’Olimpico un Milan senza Kucka e decisamente alla portata dei giallorossi, chiamati ad approfittare di un eventuale passo falso della Juve nel derby con il Toro. La dolorosa caduta riporta sulla terra la Lazio, furiosa con l’arbitro Banti, reo di non aver espulso Strootman per quel gesto contro Cataldi, la cui reazione è stata invece punita con il cartellino rosso: l’obiettivo è l’Europa League, meglio concentrarsi su questo e mettere da parte per un po’ i sogni. In tanti parlano di ridimensionamento, in realtà la sentenza è rinviata a sabato sera: se non otterrà un risultato positivo a Genova con la Samp (con Keita in dubbio), allora si potrà dire che il derby – ancora una volta – ha condizionato negativamente l’intera stagione della Lazio. E quella sì, sarebbe la sconfitta più grave.
(La Repubblica – G. Cardone)
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