Luciano Spalletti, allenatore della Roma

Venti di addio. Se mancava ancora qualche indizio, è arrivato ieri nella conferenza di Luciano Spalletti, dove si è lasciato andare a commenti freddi nei confronti di Monchi e Pallotta. “Monchi? Mi dicono sia un grande professionista, l’ho letto sui giornali. Il mio diesse è Massara, persona squisita e grande intenditore di calcio. Bisogna averne rispetto“. E poi la famosa cena con Pallotta della scorsa settimana: “È stata l’occasione per esprimergli il mio pensiero. Quello che mi ha detto, invece, va chiesto a lui. Io non sono uno spione…“.

Distanze siderali tra il tecnico e il club, che inizia a non gradire più la melina di Spalletti. Anche se poi, in realtà, ieri l’allenatore è stato più chiaro di altre volte: “Se non vinco non resto. E quando parlo di vittoria parlo di titoli, di alzare un trofeo“. La sua permanenza a Roma, oggi, è legata a Coppa Italia o Scudetto con percentuali che non possono essere alte.

Del tecnico ha parlato anche l’ex d.s. Walter Sabatini: “Spalletti pretende da se stesso un risultato. Ma il suo ritorno è stato determinante per la Roma. Ha portato passione e competenza, spero che resti per molti anni“. Difficile, anche perché in mezzo ci sono le prospettive. E quelle della Roma, come dimostrano anche i conti dell’ultima semestrale, non è che siano poi così fulgide: “Si contava su alcuni ricavi che non si sono prodotti, manca lo sponsor da 5 anni e magari quei 40-50 milioni non avrebbero reso così drammatica la semestrale – continua Sabatini –. Vorrà dire che eventualmente risolveranno vendendo uno o due giocatori“. Poi i contatti con Conte (“C’è stata un’ipotesi, come con Emery, Bielsa e Giampaolo“) e il flop di Gerson: “La sua qualità verrà fuori. A conti fatti, se giochi 5 minuti a 16 milioni, magari conveniva prendere Schick a 4,5 milioni“.

(Gazzetta dello Sport)



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