La Lazio come il Lione. Il copione è stato molto simile. I giallorossi si sono imposti per 3-2 nel derby di ritorno della semifinale di Coppa Italia, ma la qualificazione era stata persa nella gara di andata. Un’altra rimonta mancata, un altro obiettivo sfumato che rende sempre più complicata la conferma per il prossimo anno sulla panchina romanista di Luciano Spalletti. Il tecnico ha sempre detto che il suo futuro sarebbe stato legato alla conquista di almeno un trofeo: andate le coppe, ora resta il campionato ma sei punti di distacco dalla Juventus capolista sembrano un distacco incolmabile ad otto giornate dalla fine. “Il mio futuro – le parole di Spalletti – non lo metto nelle mani di nessuno, lo posso decidere solo io. Non è questo il momento di parlarne, voglio arrivare più in alto possibile. I ragionamenti con i miei calciatori vengono da un lungo periodo, bisogna fare così quando si alza sempre l’asticella, bisogna prendersi le responsabilità. Ora c’è un altro traguardo, dobbiamo superare l’eliminazione dalla Coppa Italia e fare un lavoro altrettanto importante nelle gare che mancano in campionato. La posizione che occupiamo è straordinaria in questo momento, quando siamo partiti lo scorso anno eravamo dietro a molte squadre, ora siamo lì e proviamo a diminuire la distanza dalla Juventus. Dovremo essere bravi a non disperdere energie”.
La sconfitta con la Lazio potrebbe lasciare degli strascichi. “Vedremo se ci saranno ripercussioni, è chiaro che è una sconfitta che ci dispiace ma non possiamo modificare il passato e dobbiamo stare attenti al futuro. Quando vieni da un risultato negativo bisogna essere bravi, pronti e reattivi. Abbiamo avuto un paio di occasioni prima di subire gol e non le abbiamo sfruttate, loro alla prima ci hanno segnato. Il rischio a quel punto era di perdere un po’ la testa, di concedere spazi come è successo, siamo stati anche bravi a mantenere un certo equilibrio. Bisogna sempre prendere atto del verdetto del campo e fare analisi corrette. Purtroppo abbiamo sbagliato le due partite che non dovevamo fallire“.
(Corriere della Sera)
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