«Come va?». «Totti bene». A Trigoria ormai ci si saluta così, visto che intorno al capitano passa ogni discorso sulla Roma. A Spalletti però non piaceva un anno fa e non piace ora: lo ha detto pure Nainggolan, in fondo, che a volte si dimentica la squadra per l’ansia di esaltare le gesta del numero dieci. La settimana di celebrazioni – per non “disturbare” la festa dei 40 anni è stato evitato il ritiro e cancellato un allenamento pomeridiano – ha pure accentuato il fenomeno. Ma Spalletti non distribuisce maglie per acclamazione, e dopo i 90 minuti di coppa, stasera contro l’Inter Totti dovrebbe tornare in panchina: «A giugno volevate fargli fare il tour dell’ultima partita in tutti gli stadi – ricorda l’allenatore – oggi chiedete la sua riconferma da titolare in una partita importante. Francesco sta bene, ma poi ci sono i numeri che voi non conoscete o che non portate alle luce». I numeri a cui si riferisce evidenziano un elemento semplice: la Roma corre poco e lotta di meno. In serie A due squadre su tre hanno percorso più chilometri dei giallorossi: insomma, la squadra è più “pigra” di altre, nonostante il tecnico toscano ami da sempre i “cavallini” da corsa e chieda a tutti di rincorrere, sacrificarsi (ricordate il video sul recupero difensivo di Salah proiettato in sala stampa?): in una squadra che lo fa meno dell’anno scorso, trovare spazio per Totti è ancora più difficile. «Se facciamo più raddoppi di marcatura vinciamo la partita, se copriamo più linee di passaggio conquistiamo più palloni», insiste Spalletti.
Andando a sintetizzare, alla sua squadra manca pure la cattiveria: se per misurarla l’allenatore s’affidasse ai falli fatti, non ne avrebbe dubbi. Solo 64 gli interventi irregolari dei romanisti: in serie A ne hanno commessi meno Fiorentina, Bologna e nessun altro. Come non bastasse, la Roma è anche la squadra del campionato che ha ricevuto meno cartellini gialli, soltanto 8. Almeno ne ha subito qualcuno di più – 75 – ma sempre meno di quanti non ne occorrano alle big (111 l’Empoli, 83 la Juve, 90 l’Inter avversaria oggi all’Olimpico). Insomma, qualcosa deve cambiare: «Noi dobbiamo sfruttare tutte le nostre situazioni, perché non ripassano, e ora siamo dietro in classifica». Anche dietro al Chievo, da ieri sera. Ma a agitare l’allenatore è anche altro: il ds Sabatini ha deciso di andare via. Ha pensato pure di convocare una conferenza durante la sosta, per annunciare l’idea. Poi ha fatto retromarcia, ma entro gennaio lascerà. E al tecnico l’idea piace proprio poco. Intanto cambia la squadra: negli ultimi giorni l’allenatore ha sperimentato una Roma diversa, più camaleontica di quella statica delle prime 6 giornate. Capace di passare rapidamente dalla difesa a 3 a quella a 5. Un 4-3-3 capace di allargare gli esterni e diventare un 3-5-2 con Bruno Peres e Florenzi sulle fasce, Manolas, Fazio e Jesus dietro, Strootman e Nainggolan a centrocampo e le tre punte davanti. Tra cui dovrebbe ritrovare posto Dzeko: l’unica vera punta della Roma, in fondo, resta lui. Anche se tra errori sotto porta e qualche movimento che ancora manca non si può certo dire che vada “Totti bene”.
(La Repubblica – E. Sisti/M. Pinci)
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