Normalizzare il derby è arduo per chiunque, Spalletti indica la strada da seguire per non accontentarsi di festeggiare questi tre punti, cosi speciali eppure cosi uguali agli altri: «Noi siamo stati scelti per la Roma per fare un campionato importante. In queste partite dobbiamo far vedere di essere a casa nostra, guardare oltre al Raccordo. Dobbiamo andare fuori a dettare la romanità: se ci si affaccia si vede oltre i monumenti. Bisogna cercare di alleggerire una partita come questa. Dobbiamo avere mire ampie, perché si vive ai piani alti del nostro palazzo, ci sono tante cose belle e vogliamo andare a scoprirle. La Serie A non si gioca noi, il Casal Palocco, quelli, il Colosseo, riguarda tutti e ci sono aspirazioni che devono andare al di la del recinto. Chi vuole rimanere deve saper guardare oltre». Una selezione naturale tra chi è predisposto alla mentalità richiesta per iniziare a vincere trofei e chi si sente soddisfatto del primato cittadino: «Per due giorni si festeggia, perché quando noi perdiamo queste partite loro ci prendono per il culo, poi però chi viene con la presunzione di aver vinto la partita si prende per il bavero e si manda a casa. II derby è un inizio, vedremo se ci sarà un seguito».
Le premesse ci sono: «I ragazzi non hanno bruciato energia in settimana. Mi aspettavo qualcosa di più per come li vedevo lavorare e contro la Lazio abbiamo visto quello che volevo vedere: siamo stati quadrati, abbiamo mosso in campo forza fisica, continuità, duelli, e abbiamo gestito la gara». Non è stata una Roma perfetta, né bellissima: «E’ vero, entrambe potevano fare di più. Non ci siamo incastrati bene all’inizio e Biglia ci ha creato difficoltà. Nella ripresa abbiamo giocato bene. De Rossi poteva fare meglio: lui faceva pendere l’ago della bilancia».
Chi ha sorpreso in positivo è stato Palmieri: «Emerson ha fatto una gara straordinaria, vedremo se i rompicoglioni continueranno a criticarlo senza lasciarlo giocare tranquillo. La prossima volta fatemi una nota: la mamma non mi manda in conferenza stampa». Per Dzeko più bastone che carota: «Se guardi la differenza della sua faccia e quella di Strootman capisci molto. Edin è ugualmente un gran calciatore, ma in queste azioni è più facile che gli venga il timore piuttosto che la voglia di farlo».
(Il Tempo – E. Menghi)
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