Questione di scelte, o comunque di opportunità. Ha deciso la Roma, ha deciso Spalletti. Avanti con questo gruppo e niente cessioni. Attraverso qualche partenza (Iturbe in primis) Sabatini avrebbe potuto completare il mercato, offrendo alcune alternative a centrocampo per integrare la rosa. Ma a Spalletti, che «non ha mai allenato una squadra così forte» come ha spiegato Pallotta, la Roma andava bene così.
STOP L’ha detto ai giocatori, nello spogliatoio: «Mi fido di voi, credo in questo gruppo». Gruppo in cui credi non si cambia, allora. Meglio tenere tutti, a parte il giovane Ricci e il ribelle Vainqueur, ed evitare acquisti dell’ultim’ora che non fossero occasioni imperdibili, tipo il prestito di Wilshere. La Roma aveva praticamente preso Belhanda, nazionale marocchino, ma lo ha scartato a ridosso del gong della finestra trasferimenti dopo un confronto con l’allenatore. Piuttosto che inserire in rosa un giocatore da forgiare e plasmare con pazienza, Spalletti ha preferito continuare con gli elementi che già aveva a disposizione. E così Belhanda, che comunque non voleva restare alla Dinamo Kiev, è finito in prestito al Nizza di Balotelli, club che in alternativa aveva pensato anche a Vainqueur, poi prestato al Marsiglia.
MOOD Sono storie abbastanza frequenti nell’ultimo giorno di mercato. Ma in questo caso dietro a una trattativa mancata c’è il retroscena tecnico. La scelta, del tecnico. Spalletti, che all’inizio dell’estate aveva manifestato preoccupazione per la carenza di difensori, è stato poi accontentato dalla società che nel giro di poche settimane gli ha consegnato tre centrali (Vermaelen, Juan Jesus e Fazio) e due terzini (Bruno Peres e Mario Rui). A quel punto l’allenatore giudicava insensato un ulteriore avvicendamento – una partenza, un arrivo – se non serviva a cambiare il volto di un reparto.
RISPOSTE Adesso però Spalletti si aspetta che la squadra gli dia un segnale, dopo la batosta contro il Porto e il deludente pareggio di Cagliari. Da capo, ha attirato tutte su di sé le responsabilità. Assolvendo anche la società per le operazioni di mercato non riuscite («Si è fatto quello che si poteva»), ha provato a evitare la tentazione dell’alibi preventivo. Ma la Roma di inizio stagione lo ha lasciato interdetto per lo scarso rendimento e per l’insufficiente personalità. Sa bene Spalletti che può pagare il conto, almeno in sede di giudizio popolare, per questo atteggiamento “protettivo” nei confronti dei dirigenti e dei giocatori. Ma è un rischio che aveva già calcolato nel momento in cui ha preferito rimandare la discussione sul rinnovo del contratto in scadenza il prossimo 30 giugno: è lui il primo ad aspettare l’esito di quesa stagione, per non mantenere la poltrona a dispetto dei risultati.
SPRINT Da domenica, con la sfida all’amico Giampaolo, parte un nuovo ciclo di partite molto importanti e intense che si concluderanno con la sosta di ottobre. Dopo la Sampdoria all’Olimpico, la Roma affronterà due trasferte nello spazio di quattro giorni: prima l’esordio in Europa League a Pilsen contro il Viktoria, poi il posticipo di campionato contro un’altra squadra impegnata in coppa, la Fiorentina. A seguire ecco il turno infrasettimanale con il Crotone da sfidare in casa, il viaggio a Torino lato granata e il grande test contro l’Inter all’Olimpico, preceduto di tre giorni dalla visita dei rumeni dell’Astra Giurgiu. Non c’è un attimo di respiro anche perché la Roma, smaltita la botta dell’eliminazione dalla Champions, non intende snobbare l’Euroleague. Che può aiutare il prestigio internazionale e il ranking, senza contare i ricavi che possono essere generati dalla forte partecipazione di pubblico nella fase a eliminazione diretta.
(Corriere dello Sport – R. Maida)
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