Da quando Luciano Spalletti ha visto evaporare ogni possibilità di successo, ha ingranato una vistosa marcia indietro rispetto alla dialettica aggressiva precedente. Ed allora il 2° posto è diventato scudetto ed un risultato eccezionale (ma la Roma lo ha centrato 8 volte negli ultimi 15 anni), nonostante in precedenza si fosse sempre detto che la Roma era una squadra costruita per vincere un trofeo.
“Alcune situazioni le ho caricate troppo e male, visti i risultati“, ha detto ieri il tecnico della Roma. Insomma, quel “resto solo se vinco” ha creato più danni che benefici. Ed a chi ieri gli ha fatto notare che in un altro momento, prima di Roma-Torino, aveva ancorato il suo futuro a quello di Totti (“Se non rinnova lui, non resto“, ieri Spalletti ha risposto così: “Il chiarimento per quanto riguarda me lo faremo solo a fine campionato, in base anche alla classifica. Ma in Italia c’è almeno il 60% degli allenatori di cui non si conosce il futuro, non solo il mio“.
“La squadra ha reagito dopo il derby, c’è tanta amarezza, che mi sento addosso. Ma il 3° posto non sarebbe un fallimento, andatelo a chiedere ad altre 7-8 squadre… Quest’anno la Juve ha fatto vedere che era impossibile mettere mano a qualcosa di più del secondo posto, sempre difficile da raggiungere. Dovevamo fare meglio in alcune partite, ma dovessimo arrivare secondi sarebbe lo scudetto delle altre. Sicuramente un risultato eccezionale, considerando anche che il Napoli è una delle migliori squadre d’Europa“.
Poi Spalletti ha virato sui singoli, Monchi, Dzeko e Totti. Sul d.s. ha usato parole dolci: “Monchi è il numero uno e il fatto che si alla Roma dimostra quali sono le intenzioni di Pallotta. Mi fa piacere quello che abbia detto su di noi, perché è una visione esterna, non inquinata dal vivere quotidiano“. Insomma, un endorsement in piena regola, anche se lo stesso Monchi sta studiando soluzioni alternative. E da Parigi le voci di un Emery sempre più in bilico sono fortissime. E poi Dzeko (“Si è detto che non lo dovevo cambiare per la classifica dei marcatori, ma poi ci sono anche Perotti, El Shaarawy e Salah che vogliono segnare il loro decimo gol per andare in un’altra squadra forte“) e ovviamente Totti. “La sua maglia non va ritirata, sarebbe una mortificazione. Quel numero è il sogno dei bambini. Anzi, per ricordare Totti io metterei il suo nome piccolo su tutte le maglie della Roma. Monchi? Su di lui ha detto solo quello che aveva già deciso il presidente. Francesco vuole parlare a fine campionato, ma sarebbe più semplice se lo facesse subito“.
(Gazzetta dello Sport)
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