Per una volta sarebbe bastato lo sguardo di Spalletti per capire tutto. I soldi in ballo, il prestigio, l’importanza e l’ambizione che racchiude la sfida di questa sera col Porto sono contenuti nell’espressione luciferina del tecnico. Le parole che arrivano poco dopo, sono soltanto un corollario: «È la partita, quella che aspettiamo da 8 mesi». Mentre parla Lucio guarda verso la telecamera. Una pausa ad effetto e poi riprende: «Non è la partita che aspetta noi ma il contrario. È lei, è tutto per noi, ci può dare le chiavi per salire sul palcoscenico più importante d’Europa. Bisogna spazzar via il risultato dell’andata, non bisogna fare troppi calcoli. Non ci affideremo al destino, lo decideremo noi il nostro destino. A testa alta». La sensazione è che il messaggio non sia rivolto ad intimidire il Porto ma ai suoi ragazzi. E non è la prima volta che accade. Quel ribadire appena ne ha la possibilità la forza del gruppo, il valore dei singoli, eccedendo a volte anche nei paragoni, è semplicemente un martellamento continuo finalizzato all’autostima della squadra. E anche ieri, toccando tasti diversi, Spalletti ha continuato nel sottile ma utile lavoro psicologico: «Saremo a casa nostra e vogliamo fare i padroni. Noi stanotte (ieri, ndc) dormiremo, saremo tranquilli perché chi ha paura a gestire le tensioni poi ha paura anche a gestire i successi. Chi è fatto così non può giocare nella Roma». Un altro messaggio ai naviganti di Trigoria: chi ha paura di non essere all’altezza alzi la mano. Poi la battuta su Pallotta: «Anche il presidente, che come vedo risponde a tutti voi (riferito alla platea, ndc) ed è sempre molto attivo col telefono, parla con me e non vede l’ora anche lui, come tutti».
POCHI DUBBI – Sulla formazione, con il duo Florenzi-Torosidis out e Paredes non al meglio per un problema al polpaccio destro, Lucio non si sbilancia: «Sceglierò la mentalità di squadra, andremo ad impattare la partita a testa alta provando a vincerla da subito e non aspettando gli avversari. Schiererò la migliore formazione che ho a disposizione e i calciatori con più qualità per quella che è la nostra ricerca di gioco. Poi ho solo una scelta da fare in difesa e se non dall’inizio la farò a partita in corso» Il riferimento è a Juan Jesus centrale con Manolas (Fazio in panchina) o sulla fascia, al posto di Emerson Palmieri: «Con l’Udinese è entrato teso, nella ripresa ha fatto quello che doveva fare», assicura il tecnico sul laterale brasiliano. L’altro dubbio è in porta tra Alisson (convocato dal Brasile per le due gare contro Ecuador e Colombia a settembre) e Szczesny.
LA CARICA DI KEVIN – Miglior compagno al fianco nella conferenza Lucio non poteva scegliere. Un altro che non ha nulla da invidiare al tecnico in fatto di sguardi è Strootman. Che dimostra di avere le idee molto chiare sulla partita di questa sera: «Contro il Porto sarà una gara particolare e servirà essere pronti fisicamente e mentalmente. Sarà un match difficile, all’andata abbiamo visto che davanti sono pericolosi. Entreremo in campo per vincere, forse gli ultimi 20 minuti possiamo pensare di gestire il risultato, ma senza calcoli. È un appuntamento importante per i milioni che ci sono in ballo, per il club e per tutti noi». Mai banale. Come quel sospiro quando gli chiedono che stadio si attendere questa sera. Nell’Olimpico vero, quello con la Curva Sud, Kevin ci ha giocato. Ora l’acquario nel quale si è trasformato non può lasciarlo indifferente: «Magari trovassimo uno stadio come in Portogallo, perché in un impianto così è come se si giocasse in dodici. Io spero che i tifosi possano venire». Speranza che, considerando i biglietti venduti sino a ieri sera (poco più di trentaduemila compresi gli 8mila abbonamenti e i 200 tifosi provenienti da Oporto), rimarrà vana.
(Il Messaggero – S. Carina)
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