Roberto Mancini

L’ombra di Mancini e il sole del Dall’Ara non hanno condizionato Spalletti e la Roma, che vanno avanti insieme (almeno per ora) e portano a casa i tre punti necessari per tenere uno spiraglio aperto sullo scudetto. «Finora abbiamo fatto ridere, mancano 7 partite che possono determinare la classifica: se le facciamo bene, 11 annata prende un sapore diverso nonostante le due eliminazioni dalle coppe, che a vederle in tv hanno un peso, portarle sulle spalle un altro, soprattutto quella nel derby. Tireremo le somme alla fine». E la considerazione di chi deve ancora scegliere il proprio futuro, legato ad obiettivi ormai quasi del tutto sfumati.

I giallorossi sarebbero primi contando il solo girone di ritorno, con 30 punti contro i 29 della Juventus, e il 6 in classifica consente all’allenatore toscano di alimentare la speranza: «Credo a tutto finché la matematica lo permette. Lavoriamo in modo serio e vediamo cosa fanno loro nella prossima partita… Noi dobbiamo fare il meglio possibile. Bisogna abituarsi ad avere un rendimento costante. Per me è importante vedere quanti punti abbiamo fatto da quando ho preso questa squadra, un paragone con Juve, Napoli, Inter, Milan e le grandi. Se perdi le sfide fondamentali qualcosa da rivedere nel tuo modo di lavorare c’è, saper scegliere ii momento in cui dare il massimo e il carattere nel dire “questa la porto a casa e basta, indipendentemente dall’avversario”. In questo dobbiamo migliorare».

Il dito è sempre puntato contro se stesso, anche quando le responsabilità non sono circoscritte a lui: «Non abbiamo il livello di rosa della Juventus, che cambia 8 giocatori in 3 giorni contro il Napoli tenendo una qualità incredibile. Io ho le mie possibilità di sostituire calciatori forti e probabilmente dovevo sostituire di più in queste sfide ravvicinate. Poi c’è da dire che 4 crociati rotti era da tanto che non li sentivo… Uno come Florenzi è tanta roba». Ricambi utili per una squadra spremuta che ieri ha dovuto giocare col primo caldo della stagione e con un derby pesante sul groppone: «Si sono comportati da professionisti. Hanno assorbito bene il colpo, si sono allenati nella maniera corretta e sono venuti a giocare la partita in un clima particolare. Eravamo abituati a scendere in campo di notte, la temperatura ti spezzava il muscolo, ma ci siamo fatti trovare pronti. Ci siamo lasciati la barba, anche “sudicina” e abbiamo vinto». Davanti a Roberto Mancini, che a Bologna è di casa e spesso al Dall’Ara fa da spettatore, stavolta di una Roma che non gli dispiacerebbe allenare. «Giochiamo a padel?», ha chiesto all’intervallo a Totti, che l’ha salutato da lontano. Poi il capitano è entrato in campo e ha fatto alzare tutti in piedi. Standing ovation.

(Il Tempo – E. Menghi)



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