Nella (finora molto confusa) vicenda che riguarda il nuovo stadio della Roma, il progetto urbanistico più importante in discussione in città dai tempi della Metro C, domani dovrebbe essere il giorno decisivo. Alla riapertura della conferenza dei servizi è atteso finalmente lo schema reale del piano che ha in mente il Comune. Dopo settimane di notizie non confermate, minacce di dimissioni in giunta (Paolo Berdini, sempre dato in bilico), fughe in avanti e incontri tra Campidoglio e As Roma, la giunta M5S sembra alle prese con un’ultima delicatissima (se non quasi spericolata) mediazione.
L’idea, più volte espressa con un aut aut da Berdini, è quella di eliminare le tre torri previste nel progetto originario e disegnate dall’archistar Daniel Libeskind. Ieri, nell’ennesimo incontro tra la sindaca Virginia Raggi e i vertici della società sportiva, rappresentati dal dg Mauro Baldissoni, (assente proprio Berdini) si è finalmente iniziato a parlare di numeri. Dal milione di metri cubi si dovrebbe scendere del 20%: meno 200 mila, dunque, che tradotto significa una sola torre anziché tre, con buona pace delle rimostranze di Berdini che soltanto un mese fa aveva legato la sua permanenza in giunta proprio alla modifica radicale del progetto dello stadio.
Secondo lo schema affrontato nell’incontro di ieri (presente anche il costruttore Luca Parnasi), le altre due torri previste inizialmente si dovrebbero “abbassare”, perdendo più di qualche piano, trasformandosi così in due palazzi. In questo modo sfumerebbe definitivamente il prolungamento della metro B fino a Tor di Valle per un più snello potenziamento della Roma-Lido.
Ma c’è anche un’altra possibilità che i tecnici del Comune stanno tentando di praticare. È l’agenzia Dire ad anticiparla, ipotizzando un intervento del Campidoglio sui cosiddetti “indici di edificabilità” calcolati da Ignazio Marino, per i 5 Stelle, in maniera fin troppo generosa in favore della Roma. Abbassarli ora significa costringere la società ad aggiungere altri soldi su un progetto che attualmente vale circa 1,7 miliardi. In questo modo, nella logica del Comune, verrebbero mantenute anche le opere pubbliche essenziali, dall’unificazione della via del Mare con l’Ostiense al ponte pedonale che collega lo Stadio alla linea ferroviaria FR1 fino alla bretella autostradale col Gra. Una mediazione “spericolata” che passa per l’ok della Roma ma che consentirebbe di evitare, forse, i ricorsi delle associazioni ambientaliste già sul piede di guerra.
Questo schema va messo nero su bianco entro la conferenza dei servizi di domani. «I tecnici sono al lavoro per migliorare il progetto nel rispetto dei tempi», twitta la sindaca Raggi. «Abbiamo un po’ messo il piede sull’acceleratore per cercare di definire i miglioramenti richieti al progetto», è il commento di Baldissoni. Critico, invece, è l’atteggiamento dell’opposizione, con Marco Palumbo, Pd, che accusa Raggi e M5S di «confondere volutamente le acque. Il taglio di cubature può avvenire solo se il progetto ricomincia da capo. Le volumetrie connesse al progetto dello stadio servono per ripagare strade, ponti e parchi ».
In ogni caso, servirà un passaggio in Aula Giulio Cesare con la variante al piano regolatore. Una delibera che andrebbe approvata prima del 6 febbraio, alla conclusione della conferenza dei servizi. Una corsa contro il tempo, col Bilancio ancora da approvare e l’atto ancora da formulare con precisione. In ogni caso, una via molto stretta. Dalla riunione di domani dovrebbe arrivare qualche punto fermo in più.
(La Repubblica – M. Favale)
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