I mal di pancia della base grillina e le stroncature delle associazioni ecologiste, da Italia Nostra a Legambiente. Il progetto del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, estrema periferia sud della capitale, continua a collezionare bocciature dentro e fuori la galassia 5 Stelle. Così, mentre la giunta Raggi si prepara all’incontro decisivo di oggi con il club giallorosso e il costruttore Luca Parnasi, il pressing sul Campidoglio aumenta di ora in ora. Gli attivisti sono in subbuglio. Francesco Sanvitto, membro del tavolo urbanistica M5S, ricorda i tempi in cui «Daniele Frongia, allora all’opposizione, si batteva in aula Giulio Cesare contro lo scempio. I suoi interventi sono tutti registrati in video. Prima ci ascoltava». L’architetto grillino — che si è autoescluso dalla corsa alla poltrona di Berdini — ha studiato a fondo il progetto: «È illegittimo. Le opere pubbliche a compensanzione delle cubature private verrebbero realizzate sui terreni vicini della vedova Armellini. Così il Comune si troverebbe a pagare per ciò che dovrebbe avere gratis». Secondo il tecnico, la maggioranza pentastellata potrebbe ancora bloccare il «disastro» in Campidoglio: «La delibera con cui l’amministrazione Marino ha dichiarato la pubblica utilità può essere annullata senza rischiare alcun danno erariale. L’iter non è concluso. Se, al contrario, si darà via libera al progetto con dei tagli, la Roma potrebbe impugnare la conferenza dei servizi al Tar e resuscitare il 100 per cento delle cubature. Ma i consiglieri non ci ascoltano, non fanno più da portavoce. Non hanno le competenze e si fanno infinocchiare».
Fuori dal Movimento, arriva dall’architetto Paolo Portoghesi il «no» più pesante: «Ho votato M5S perché, come tanti romani, ero stanco dell’andazzo e del ruolo che i costruttori hanno nella capitale. Se anche loro seguiranno la corrente, non c’è più speranza». Per chi a Roma ha progettato edifici iconici come la Moschea, la battaglia di Tor di Valle è «sacrosanta, perché quella è l’area meno adatta. Così si spezza la vocazione del verde lungo la valle del Tevere». Nel commento di Portoghesi entrano anche le torri di Liebeskind («proclamato grande architetto, ma solo dai mass media») e una visione di Roma vicina a quella dell’assessore “dimezzato” Paolo Berdini: «Sbatterlo fuori vorrebbe dire privare la giunta di una delle poche persone degne di prendervi parte. Non si può andare avanti a colpi di varianti per avallare operazioni che convengono a pochissimi. Una soluzione alternativa? L’ex aeroporto di Centocelle».
Italia Nostra ha una posizione vicina a quella che Virginia Raggi, Daniele Frongia e Marcello De Vito avevano quando sedevano tra gli scranni dell’opposizione: «Sì allo stadio, ma senza deroghe al piano regolatore». Il Prg consentirebbe, infatti, di realizzare soltanto un terzo degli oltre 900mila metri cubi di cemento che il progetto della Roma e di Parnasi distribuisce tra l’impianto sportivo, il business park e tre grattacieli alti 200 metri. «In soldoni — attacca l’associazione ambientalista — soltanto il 14 per cento di cubature interessa la nuova arena giallorossa. Si tratterebbe della più grande deroga al Prg degli ultimi 50 anni». Il piano del club di James Pallotta è tutt’altro che entusiasmante anche per Legambiente. Per il vicepresidente Edoardo Zanchini, tifoso romanista, «è tutto sbagliato, a partire dalla scelta dell’area». Troppo alto il rischio esondazione, insostenibile il peso della speculazione, quella pratica tutta romana che parte del M5S vorrebbe relegare al passato capitolino. Dopo le aperture dei big Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, ieri la senatrice Elisa Bulgarelli ha rilanciato sul suo profilo Facebook l’articolo che a fine 2014, sul blog di Beppe Grillo, smontava punto per punto il progetto del nuovo stadio della Roma. Ma ora la palla è tra i piedi della sindaca.
(La Repubblica – L. D’Albergo)
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